Un lungo e meritato riposo stanotte, sveglia senza fretta e appuntamento alle dieci, con colazione già fatta. La nostra colazione è al volo in un bar, con un po’ di disappunto per un’ora abbondante di ritardo delle nostre amiche – un weekend fuori porta, con le ore contate, non permette ritardi e ore perse purtroppo.
Oggi niente autobus e traghetti, ci aspetta poco più di un’ora di macchina, nelle strette e curve strade irlandesi, con limiti di velocità che sfidano ogni buon senso – secondo loro si dovrebbe andare in giro stile gara di rally, con curve a gomito con limiti a 100 km/h, follie!
Con tutta calma e senza sperimentare al massimo i limiti di questi pazzi irlandesi, ci dirigiamo, incredibilmente senza una nuvola in cielo, verso le famose scogliere di Moher e dopo neanche un’ora passata tra pascoli e colline, eccoci!
Verde e blu…la sensazione è strana, rimane la mancanza delle montagne, ma questo verde ed il blu che ci circondano sono davvero forti e rilassano profondamente.
Ci avviamo verso il sentiero obbligato che corre lungo tutta la costa, a picco sul mare, fino alla notevolissima altezza di 214 metri.
Cominciamo a camminare verso la punta più bassa degli otto chilometri di scogliera, con tranquillità.
Ci sono parecchi turisti, ma il luogo è talmente ampio che non si ha la classica sensazione di oppressione, tipica dei posti turistici. Le persone sono sparpagliate qua e là, alcune sole, altre in piccoli gruppetti, altri ancora in combriccole numerose. Lo sport del giorno è, ovviamente, la ricerca della foto più avvincente: c’è chi salta le recinzioni e si sporge fino allo strapiombo – noi per primi! – subito fischiati e rincorsi dalle guardie onnipresenti, ma ben mischiate nella folla.
“Un buon viaggiatore non ha progetti fissi e non ha scopo di arrivare. “
Henry David Thoreau
Altri, invece, si godono un pic nic al sole, sull’erba, e altri ancora si attardano appiccicati alle recinzioni.
Noi ci immergiamo completamente in questo posto quasi uscito da una di quelle storie che mi piacciono tanto, ambientate in tempi antichi, proprio in questi luoghi, quando i druidi e la magia dettavano le regole di vita quotidiana e scandivano i ritmi delle giornate, quando queste scogliere venivano raramente calpestate e sicuramente non da turisti.
Ci lasciamo coccolare dal sole caldo, dai colori forti e dal vento che spazza via i rumori, e rimaniamo incanti da questi luoghi.
E’ molto difficile descrivere le ore spese in questo posto, il senso di pace e tranquillità è simile a quello raggiunto su qualche alta vetta, da soli, anche se il fatto che tutto sia piatto, qui, rende la sensazione diversa.
Abbiamo camminato molto e dopo essere arrivati al limite della zona sorvegliata ed aver proseguito oltre, praticamente nel campo di qualche pastore, dove le ringhiere sparivano, sostituite solo da un cartello dove si veniva avvisati, in buona sostanza, di continuare a proprio rischio e pericolo e che il terreno non era stabile.
Riusciamo a raggiungere il punto più alto delle Cliffs of Moher, dove si superano i 200 metri di strapiombo.
Proviamo a copiare i più temerari e fare qualche foto proprio al limite, seduti con le gambe a penzoloni sul nulla, ma nonostante nessuno soffra di vertigini, le gambe tremano a tutti, e piano piano strisciamo più vicino al bordo, senza riuscire davvero ad arrivarci.
Ci godiamo un po’ di relax, e per pochi istanti il nostro fotografo abbandona la macchina fotografica per mettersi, una volta tanto, dall’altra parte dell’obiettivo. Nemmeno lui riesce a spingersi sul bordo, arrivandoci molto vicino, ma sporgersi è altra cosa – oltre che pericoloso!
Poi, è ora di tornare verso la macchina, ci aspetta un po’ di strada e il pranzo saltato e la lunga passeggiata cominciano a farsi sentire.
Ci godiamo la pace di questo luogo mentre, chiacchierando, ritorniamo sui nostri passi, immersi nel verde, a sua volta immerso nel blu.
“Io viaggio, non per andare da nessuna parte, ma per andare. Io viaggio per l’amore del viaggio. La grande storia è quella di muoversi.”
Lao Tzu
In lontananza vediamo i posti che abbiamo visitato ieri, le scogliere, basse, delle Aran Islands.
Tentiamo di salire sulla torretta d’osservazione, ma questi pochi metri più in alto non valgono il prezzo del biglietto – sono davvero pochi metri, all’interno ci sarà giusto una scala e poco più, nulla di che – e ci limitiamo ad osservare i tipici turisti intenti a scattare selfie dall’alto, come se si potesse aggiungere qualcosa allo spettacolo che si ha da qui sotto.
Appena prima di uscire, percorriamo il lungo viale che devia verso l’interno, allontanandoci dal mare ed avvicinandoci ai pascoli, pieni di queste mucche bianche e dai caratteristici riccioli su tutto il dorso, che donano un aspetto molto più tenero – tenero come dolce, sul sapore credo che cambi poco!
L’unica mancanza di questa visita sono i Puffins, le Pulcinelle di Mare. Sul volantino che abbiamo tra le mani c’è scritto che si trovano, talvolta, all’estremo opposto delle scogliere rispetto a dove siamo stati noi.
Abbiamo deciso di non camminare fino laggiù, ed il dubbio che avremmo potuto incontrarle rimane. Ma ci consoliamo che le foche incontrate ieri.
Ora si torna a Galway per gustare il nostro ultimo pasto irlandese, il famoso fish & chips, rigorosamente a base di merluzzo fritto! Una delizia!
La nostra avventura, purtroppo, finisce qui. Un po’ troppo in fretta forse, ma meglio così. Rimane la voglia di tornare a vedere mille altre cose, la felicità di aver finalmente rivisto due amiche, due di quelle conosciute in vacanza e che di solito non si rivedono mai più, un po’ di vita sociale diversa, irlandese, a base di birra, e delle meraviglie della natura.
Ci attendono un paio d’ore di bus, un aereo, sei ore – notturne! – in aeroporto, e poi ancora un aereo. Poi saremo di nuovo a casa, a Torino, con le montagne tutto intorno, e tornerà quel senso di protezione che solo il vedere la Alpi sa dare.
A presto Irlanda!
AP
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