Questa mattina il risveglio è estremamente rilassante. Ci sveglia un raggio di sole, delicatamente, ed un odorino che arriva dal basso che fa venire l’acquolina in bocca. Senza fretta ci alziamo, non dobbiamo neanche impacchettare tutto tanto dormiremo ancora qui stanotte.
Scendiamo nella sala da pranzo, nonchè vetrata incredibile sul mare, e ci aspetta una tavola imbandita tutta per noi: marmellate, burro, pane locale, uova e bacon, croissant, salumi, formaggio, insomma, tutto quello che si potrebbe desiderare. Cominciare la giornata così è il massimo!
Non ci lasciamo coccolare troppo però, e poco dopo siamo già in macchina: oggi ci aspetta Helsingor, la città di Amleto.
“Ciò che non hai mai visto lo trovi dove non sei mai stato.”
Proverbio africano
Guidiamo per un’oretta in aperta campagna, un po’ seguendo la margherita della Marguerite Route ed un po’ per i fatti nostri, alla ricerca di qualche scorcio particolare. Arriviamo davvero in fretta ad Helsingor, città a nord di Copenhagen, divisa dalla gemella Helsinborg, svedese, solo da uno stretto canale.
Troviamo parcheggio, non senza difficoltà: non per la mancanza di posti, ma per l’impossibilità di capire il sistema del pagamento. Tutto scritto in danese, qualcuno ha i ticket sulla macchina, altri no. Domandiamo a baristi ed altri turisti spersi come noi, per poi decidere che è sabato ed è festa, e non paghiamo.
Ci addentriamo nelle stradine strette e delimitate da tipiche casette basse, tutte colorate, e ci imbattiamo in un corteo di majorettes pifferaie, davvero simpatiche, che si aggirano per le vie del paese. Dev’essere una manifestazione abbastanza grossa, ma non riusciamo a capire di cosa si tratti.
C’è un vento gelido da queste parti. Siamo sulla costa, sullo stretto che separa la Danimarca dalla Svezia e non è una giornata di sole. Nonostante la giacca da montagna, gli spifferi non mancano e non stiamo a perder troppo tempo all’aperto, ci dirigiamo verso il castello di Amleto, senza distrarci troppo.
Là, in fondo, superato il porto, si staglia maestoso il castello di Kronborg, meglio conosciuto come il castello di Elsinore dove Shakespeare ha ambientato una delle sue opere più famose, Amleto.
In bella vista, prima di entrare, la bandiera danese sventola fiera nel vento incessante, a sovrastare tutti i turisti che passano per il vecchio ponte levatoio, ora un ponte fisso sul fossato.
Si entra nelle mura esterne e subito si è avvolti in un’atmosfera magica e misteriosa: il giardino interno è pieno di altoparlanti nascosti che a brevi intervalli fanno rivivere la storia di Amleto, con cavalli e carrozze in arrivo, trombe per annunciare il re, catene sbattute da invisibili mani…insomma, si è davvero proiettati indietro nel tempo.
Entrando, si può ammirare una riproduzione del castello e di tutto il parco, in miniatura, e scatta il momento Hulk devastatore!
Entriamo nelle mura interne, attraversando un lungo arco che porta nella piazza principale e facciamo un giro esplorativo del cortile. Ci avviciniamo all’entrata del palazzo, ma dopo aver visto i prezzi ed i tempi di attesa per il prossimo tour, decidiamo che lo salteremo. E’ un peccato, è vero, ma abbiamo tante cose da vedere, il tempo non è infinito, e neanche le nostre risorse.
Abbandonato il riparo delle mura interne, usciamo e ci dirigiamo verso il bastione di guardia, dove ci aspettano i cannoni, perfettamente restaurati ed ancora puntati sul canale, a ricordare agli invasori che l’entrata non è per tutti e che i danesi si sanno difendere. Ed insieme ai cannoni, un gelido e forte vento, un vero vento del Nord.
“Chi viaggia ha scelto come mestiere quello del vento.”
Fabrizio Caramagna
Ci godiamo un lungo giro intorno al castello, prima oltre le mura e poi all’interno, immaginando come poteva essere la vita qui, non poi così tanto tempo fa. Scandita dal Re e dalla sua corte, tra balli, feste ed eventi ufficiali. La mente vaga veloce, veloce come i nostri passi, quasi di corsa, per scaldarci, contro il freddo di questo vento.
Usciamo, salutati dal rumore della carrozza trainata da cavalli e dalle trombe del giardino dei fantasmi – sembra davvero di essere circondati da antichi spiriti – e ci dirigiamo al porto, appena di fronte, dove una statua lucente attira la nostra attenzione.
Ci avviciniamo e facciamo una grande scoperta: la Danimarca non ha solo una Sirenetta, ma ha anche il suo lucente corrispettivo maschile, in bella mostra in mezzo al molo. Non eravamo a conoscenza di questo fidanzato recente, scopriremo solo dopo che è davvero pensato come fidanzato della più famosa Sirenetta di Copenhagen, di nome Han, una versione in acciaio inossidabile che ha solo tre anni, quasi un secolo più vecchia della versione femminile.
Quasi scappiamo dal molo e dal porto, il vento da queste parti è davvero tagliente. Ora capiamo il perchè molta gente ci diceva che la Danimarca è cara: ogni dieci minuti ci di fionda in un locale caldo, e tra una cioccolata ed un muffin, un wurstel e una coca cola, è facile spendere parecchi soldi! Non oso immaginare d’inverno, quando fa davvero freddo, capisco dove finiscono gli stipendi.
Un breve giro esplorativo della città e poi ci dirigiamo verso la macchina: le nostre tre ore di parcheggio gratuito, o presunto tale, stanno per scadere, ed il nostro giro è terminato.
Rieccoci seduti in macchina, la nostra direzione ora è il Dyrehaven, il parco dei cervi. I parchi, a dir la verità, sono due, ed uno è praticamente a Copenhagen, quindi optiamo per quello vicino a Hillerod. Prendiamo la strada che costeggia la costa, passando per il Louisiana, non lo stato USA – abbiamo usato qualche foto per scherzare con la nostra amica McMusa, che porterà presto i suoi lettori in un viaggio letterario proprio in Louisiana – ma il museo di arte moderna che prende il nome dalla fondatrice, Louise appunto.
Imbocchiamo una stradina piccola e tutta curve, che ci porterà dritti verso la nostra destinazione, il Store Dyrehaven. Ci fermiamo in una delle centinaia di fattorie, per ammirare dei pony islandesi – non che sapessimo che l’Islanda fosse famosa per i pony, i cartelli in inglese aiutano la nostra cultura! – e restiamo affascinati dalla vita lente e scandita dai ritmi della terra che devono sperimentare da queste parti, ogni giorno.
Poi, in un tratto di strada tutto curve immerso nei boschi – ne abbiamo una parte filmata, ci stiamo improvvisando film maker, ma ci vorrà un po’ – tre cerbiatti ci tagliano la strada, correndo veloci da una parte all’altra, prima davanti alla macchina, e poi ancora, li vediamo nello specchietto retrovisore, altri tre una macchina dietro di noi.
Veniamo brutalmente sorpassati da quelli che ci stavano dietro, probabilmente infastiditi dal nostro frenare brusco, evidentemente più abituati di noi a questo tipo di incontri.
Ancora affascinati dall’incontro rapido e inaspettato, arriviamo alla nostra destinazione: Dyrehaven.
Store Dyrehaven è un piccolo bosco rettangolare delimitato da quattro strade perpendicolari, al cui interno si trovano otto sentieri che confluiscono in una radura circolare, nulla di particolare, non fosse per il verde ed il silenzio e la natura a 360°. Insomma, uno spettacolo incredibile e difficile da spiegare.
Ci concediamo un’oretta di passeggiata, tranquilla, tra gli alberi ed il bosco, le radure ed il verde. E’ estremamente rilassante, silenzioso, fa stare bene davvero.
Optiamo per un rientro passando da Nord, percorrendo la strada che corre lungo la costa, e passando per la città di Gilleleje, quello che pare essere un tipico paesino di pescatori. Non ci sbagliamo e veniamo proiettati in una realtà di pesci, reti, moli e pescherie.
Ci aggiriamo un po’ nelle viuzze del paese, tra tetti di paglia in stile danese, pescherie e moli, e ci assale la fame. In effetti, dopo la colazione abbondante di questa mattina, non abbiamo mangiato molto, giusto un muffin durante una pausa-freddo.
Troviamo un posticino carino dove addentare un panino e ci rifocilliamo a dovere, in un momento non meglio identificato tra il pranzo e la cena ordinari.
Poi, finalmente, dopo una giornata molto rilassante, ma piena di cose viste e fatte, torniamo alla nostra base, Hundested, giusto in tempo per goderci uno spettacolare tramonto e la famosa “ora blu”, direttamente sul mare a qualche passo dalla nostra stanza.
“Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove.”
Marguerite Yourcenar
E’ sera, non tanto tardi, ma la giornata è stata davvero lunga e piena. Abbiamo camminato tanto, fatto parecchi chilometri in macchina, visto tantissimo e abbiamo gli occhi e le gambe piene e stanche.
Ci avviamo in stanza, ma rimaniamo affascinati dallo spettacolo che ieri sera, a causa del cielo coperto, ci siamo persi.
Fuori dalla vetrata, grazie alla totale assenza di luci ed alla luna nuova, c’è un mare di stelle tutte per noi. Ci sediamo sui comodi puff del salottino, al caldo delle coperte, e ci addormentiamo con impresse queste immagini incredibili negli occhi.
Buonanotte, domani andremo alla volta di Copenhagen.
AP
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Ecco, sto cercando informazioni, in merito a questioni studentesche, sulla Danimarca e taac, appare questo articolo. Con foto simili come faccio a non desiderare di andarci? L’ultima poi è stupenda davvero!
Aspetto il seguito.
Ps. Non riesco a lasciare il like o la stellina, ma consideratelo fatto.
Ma grazie! Noi ci siamo lasciati trasportare dalla mappa e dalle sensazioni in questa terra fantastica, calma e rilassante, così diversa dall’Italia e dai nostri ritmi frenetici.
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