Svegliati, prepara la colazione a base di pancakes e sciroppo d’acero per tutta la banda – leggi: noi due, 4 bambini ed il loro papà – sfama cani e gatti, riempi lo zaino, saluta tutti e finalmente sali in macchina. Ecco una tipica nostra partenza per il weekend.
Aggiungici, inoltre, che a causa di un ammortizzatore rotto, il papà della famiglia che ci ospita ci ha gentilmente prestato la sua macchina, il cui radiatore ha qualche problemino. Insomma, noi e le macchine non andiamo molto d’accordo – poco meno di un anno fa, durante il primo giorno del nostro Road Trip nell’Europa dell’Ovest, ci ritrovavamo nella stessa situazione, con ventola e radiatore ko e 5.000 km nel caldo torrido europeo da percorrere.
Una spesa veloce e poi diretti al Visitor Center di Banff, dove scopriamo che non c’è più una singola piazzola libera nei campeggi backcountry, quelli spersi nei boschi per intenderci, se non all’Elk Lake. La prenotiamo, per il modico prezzo di 31 $ a notte – 10 $ a testa più 11 $ per la prenotazione, come se potessimo farne a meno visto che è obbligatoria.
Carichi come muli – al solito, i nostri zaini sono sempre stracolmi – ci incamminiamo per questo lungo sentiero che parte dal parcheggio della Norquay Ski Area. La nostra fedele guida The Canadian Rockies Trail Guide – autore Brian Patton and Bart Robinson – ci fa infatti presente che cammineremo per 11,5 km fino al campeggio ed altri 2 km fino al lago, con un dislivello totale di circa 400 metri.
Facciamo una prima tappa dopo circa un terzo di percorso, superato il ponte che attraversa il fiume, dove scopriamo che l’accoppiata scarponcini invernali-zaino pesante-sole a picco, cause delle belle vesciche ai piedi – a me almeno, il boscaiolo non ha di questi problemi, beato lui! La bella notizia è che non sono troppo dolorose, quella cattiva che ho solo le infradito dietro, quindi mi tocca infilare nuovamente gli scarponcini.
Il sentiero, descritto come difficile da trovare, non potrebbe essere più chiaro, praticamente un’autostrada in mezzo al bosco. Sbagliamo solo ad una deviazione – semplicemente perché decidiamo bellamente di ignorare il cartello scritto a mano – e andiamo circa 50 metri più giù a salutare i mezzi per spalare la neve. Poi ci facciamo coraggio e risaliamo, e decidiamo di seguire i cartelli senza più perdere il sentiero.
Su e giù per questo sentiero che non è mai difficile né impegnativo, ma neanche mai in piano, raggiungiamo un altro fiume, più un ruscello questa volta, ed il ponticello – due tronchi ben fissati – ben si presta per un momento di pausa.
Cominciamo a sentire un po’ di fatica dopo l’ennesima salita e discesa, ma finalmente raggiungiamo la radura segnata sulla nostra fedele guida come l’ultimo tratto di sentiero prima del campeggio. Un tratto lungo, però, 6 km, di cui non abbiamo notato con precisione l’inizio, se non ora che ci troviamo evidentemente in un’ampia vallata di arbusti molto fitti – e ci siamo guardati parecchio intorno alla ricerca di orsi o alci, davvero, sembra di essere entrati a casa loro!
Abbiamo quasi perso le speranze e siamo preparati a camminare per altri sei chilometri quando sulla sinistra vediamo un cartello giallo con l’inconfondibile segno di una tenda: siamo arrivati!!!
Per prima cosa cerchiamo le sei piazzole, nascoste tra gli alberi e ben lontane dalla zona pasti/deposito cibo, e salutiamo gli unici altri due inquilini del luogo, una coppia con cagnolino. Poi andiamo a depositare il nostro cibo sul famoso cavo sospeso tra gli alberi – ne abbiamo letto e sentito parlare, ma siamo molto curiosi di capire cosa sia in realtà.
Niente più che un cavo d’acciaio appeso tra due alberi, in alto, con delle carrucole che arrivano fino a terra per appenderci le sacche e poi issarle in cima. Un’altra bella novità!
E’ ora di montare la tenda. Decidiamo di farvi partecipi di questa operazione ormai così semplice per noi ed eccoci all’opera:
C’è anche il tempo per riallacciarsi gli scarponi, poi, però, è tempo di rimettersi in marcia. I due chilometri e mezzo verso il lago, leggermente in salita, ma senza più il peso degli zaini sulle spalle, passano davvero facilmente e in poco più di mezz’ora siamo quassù, finalmente all’Elk Lake.
Ci godiamo un’ottima cenetta a base di zuppe in scatola sulla riva del lago, nel totale silenzio di questo luogo – interrotto, ogni tanto, dall’abbaiare del cane dell’altra coppia, che scopriamo essere sull’isoletta.
Finita la cena e salutati i nostri amici, andiamo anche noi a fare un giro sull’isoletta, con tanto di salti tra le rocce – le vesciche ai piedi ringraziano.
Dopodichè, ci riavviamo verso il campeggio e, una volta arrivati, ci godiamo un ottimo tè caldo e tante chiacchiere con i nostri nuovi amici canadesi, una simpatica coppia, Bret e Lora, anche loro amanti delle montagne. Poi andiamo a riposare, i quasi 17 chilometri di oggi si fanno sentire e in qualche secondo siamo belli che addormentati.
La mattina dopo ci svegliamo tardi, dopo quasi 12 ore di sonno. Dopo tante notti passate a casa, tra pappagalli che urlano, cane che abbaia e gatti che ci passeggiano addosso, dormire nel totale silenzio è incredibile.
Una buona, lunga e sostanziosa colazione in compagnia dei nostri amici ci dà la carica e decidiamo di intraprendere la camminata per il Cascade Amphiteather sulla strada del ritorno.
[/fusion_builder_column]Ora, una decisione simile, dopo parecchi chilometri, con gli zaini pieni, le vesciche ai piedi e 3,3 chilometri da percorrere con più di 500 metri di dislivello…forse non siamo normali.
Ci incamminiamo verso la cima a passo lento, ma costante, lungo gli ampissimi tornanti, Attilio dietro. Ad un certo punto, senza dire nulla, decide di prendere quella che pare una scorciatoia dritta verso la cima.
E ci perdiamo! Non ci sentiamo gridare e passiamo una decina di minuti a correre su e giù per il sentiero – che contro ogni legge della fisica, sembra essere sempre in salita! – prima di ritrovarci, finalmente. Perdersi in un bosco buio e popolato dagli orsi non è una bella esperienza.
E poi manca poco, ultimo tornante e altri dieci minuti nella boscaglia sempre meno fitta e ci ritroviamo in cima.
Siamo abbastanza distrutti, a questo punto abbiamo accumulato più di altri dieci chilometri nelle gambe, tutti zaino in spalla e mai in piano, anzi. Ci siamo sicuramente meritati un buon pranzetto e, guarda caso, abbiamo due bagel e un po’ di insalata di patate che ci aspettano.
Ci sarebbe ancora un pezzetto di sentiero bello ripido, sulle rocce, da percorrere per arrivare ad un picco più avanti, ma possiamo ritenerci decisamente soddisfatti per oggi. Ci rimettiamo in cammino verso la fine di questa avventura, la strada è ancora lunga.
Arrivati nuovamente al bivio, più o meno a metà strada per il ritorno, la parte ripida e accidentata ormai superata, è ora di abbandonare gli scarponcini ed infilare le infradito. Non sarà proprio indicato, ma i miei piedi ringraziano e gli ultimi tre chilometri li cammino portandomi gli scarponcini in mano, che scena terribile!
Gli ultimi passi sono devastanti, vediamo il Lodge nel cui parcheggio ci aspetta la macchina da lontano, ma non lo raggiungiamo mai. Poi, finalmente, entriamo nel parcheggio e dopo più di 30 chilometri in due giorni e quasi 1.000 metri di dislivello, portiamo a termine la nostra avventura.
Ci aspetta una cenetta a Banff, un bel panino pieno di calorie in qualche pub, e poi la strada verso casa.
Lungo la strada abbiamo la fortuna di assistere ad un tramonto infuocato alle nostre spalle, la chiusura perfetta per questa nostra avventura, la nostra prima notte in backcountry, sperduti nei boschi, felici e contenti!
Alla prossima.
AP
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