Data Trekking: 09-10/10/2015
quota di partenza (m): 1635
quota arrivo (m): 2330
dislivello complessivo (m): 695
Accesso e chiavi : Si può partire dal campeggio eliminando la strada asfaltata,altrimenti dal parcheggio di Saretto,Val Maira. Le chiavi del bivacco Bonelli si ritirano presso il Bar Ciarbonet a Ponte Maira 0171.99070 oppure da Girardi Sara ad Acceglio 0171.99013 oppure 340.1004563. [/su_spoiler]
Allarghiamo i nostri confini questo weekend. Siamo sempre alla ricerca di nuove mete e nuovi spazi da esplorare e ci stupisce sempre come i posti più emozionanti siano sempre non così distanti da casa.
La nostra destinazione è la Val Maira, nel cuneese: raccolti due amici e preparati gli zaini, si parte, ci aspettano un paio d’ore tra autostrada e stradine varie, inclusa la classica fermata per i rifornimenti.
In orario sulla tabella di marcia, arriviamo senza difficoltà all’ampio parcheggio a lato del fiume, si infilano gli scarponcini, divisione di cibo e liquidi e via, siamo subito in marcia e la prima tappa è il rifornimento d’acqua fresca e ottima dalla sorgente poco più a monte.
Ci addentriamo fin da subito in questo bosco mai troppo fitto, colorato d’autunno, sotto un cielo terso e azzurro, ben lontano dal cielo sempre un po’ grigiastro di smog delle città.
Il sentiero parte subito con una bella salita e le gambe ci mettono poco a scaldarsi; teniamo un buon passo, fermandoci quel tanto che basta per ammirare la natura nel suo cambio di vestito più incredibile, l’autunno.
Arrivati all’incirca a metà di questi 700 metri scarsi di dislivello complessivo, ci ritroviamo di fronte al lago Visaisa, una meraviglia dalle sfumature verde smeraldo che guarda su una valle dalle pareti rocciose chiare, punteggiate di gialli, verdi e rossi abeti.
Superato il lago, ci incamminiamo su un traverso lungo e pietroso, sempre abbastanza semplice, ma molto spettacolare. Ai nostri piedi si chiude la Val Maira, con il lago Visaisa. Sulle nostre teste volano corvi ed uccelli vari, felici anche loro per questa meravigliosa giornata di fine ottobre.
Fa decisamente caldo, anche se i venti freddi dell’inverno si sentono già e ci ricordano, ogni volta che passiamo in un cono d’ombra, che la notte che verrà non sarà certo estiva.
Alla fine del traverso ci aspetta l’ultima fatica della giornata: alcuni tornanti che salgono diretti alla conca in cui immaginiamo di trovare il bivacco. Ormai è pomeriggio inoltrato e le ombre si allungano, le basi delle montagne son già scure e piano piano anche le prime cime salutano gli ultimi raggi di sole.
Arrivati in cima, pochi passi sulla dorsale e possiamo finalmente vedere la nostra meta: il Bivacco Bonelli è lì, a guardare il lago Apzoi e godersi questo infinito spettacolo di colori, suoni e odori che è la Natura.
Non siamo stanchi, la salita è stata impegnativa, ma niente di particolarmente difficile. Lasciati gli zaini e salutato il bivacco, con le sue coperte rosse a quadrettoni che ben si adattano al luogo, scendiamo giù al lago Apzoi.
Si vede chiaramente quanta acqua abbia perso durante la lunga e calda estate, le rocce nere terminano bruscamente a diversi metri dalla riva, lasciando spazio a quel poco di vegetazione che cresce in questa vallata fredda, appena dentro i confini italiani – già, superata la cresta sulla nostra destra, entriamo in casa dei cugini francesi.
Tornati al bivacco, ormai già immersi nel buio – le lunghe giornate di giugno così distanti da queste brevi e buie giornate d’autunno – accendiamo la luce e ci prepariamo la cena: un lungo susseguirsi di creme vegetali, spaghetti e risotti, inusuale per una cena in quota, ma i nostri amici di città hanno tanta fame.
Con la pancia piena e la luce spenta – il pannello solare non ha molta durata, per fortuna eravamo muniti di candeline da té – la voglia di infilare le mani nell’acqua gelida del lago per lavare i piatti proprio non arriva e decidiamo di rimandare all’indomani.
Ci godiamo una notte stellata ed una Via Lattea enorme, fin quando un vento gelido non comincia a soffiare sempre più forte e ci fa correre al riparo, al calduccio nei nostri sacchi a pelo. E buonanotte!
Il mattino si annuncia con un bel raggio di sole che ci fa aprire gli occhi. Il lago Apzoi è ancora in ombra, e continuerà ad esserlo per un po’, quindi volenti o nolenti, ci prepariamo a surgelarci le mani e, facendo i turni per non perder le dita nell’acqua gelida, in qualche modo riusciamo nel nostro compito: piatti puliti, bivacco sistemato, zaini alleggeriti, siamo pronti per conquistare qualche vetta!
Partiamo, ancora non certi del giro che faremo, e ci incamminiamo su verso il Colle delle Munie – o Col des Monges in francese, visto che è in territorio francese – e poi la Punta delle Manse, che dovrebbero portarci ad un anello per poi tornare al bivacco, vedremo strada facendo che fare.
Nel mentre, salutiamo due amici che ci scorrazzano a fianco e, piano piano, saliamo tra neve e rocce.
Passo dopo passo, arriviamo al colle, lo spettacolo è davvero bello già da qui, non vediamo l’ora di raggiungere la vetta e scoprire le meraviglie da lassù. L’ultimo tratto è un ripido prato, a tratti fangoso a tratti roccioso, che mette alla prova i nostri fidati scarponcini, ma uno dopo l’altro arriviamo sulla cresta e, pochi passi dopo, finalmente alla croce, siamo in vetta alla Cima delle Manse.
Ai nostri piedi, qualche centinaio di metri più sotto, il lago delle Munie è poco più di una piccola pozzanghera, tutto intorno a noi appuntite cime imbiancate appena. E il silenzio. Quello che più mi affascina delle cime è il silenzio, l’aria che comincia ad essere più rarefatta e suona diversamente alle nostre orecchie, sono solo sensazioni, difficili da descrivere, ma è parte di quello che rende questi posti speciali ed indimenticabili.
Ci rendiamo subito conto che torneremo indietro per la strada da cui siamo venuti, per proseguire sull’anello segnato sulla cartina servirebbero un paio di corde e delle competenze che non abbiamo, e non è il caso di rischiare di fare un bel salto nel burrone.
Torniamo sui nostri passi e, arrivati al colle, decidiamo che ne abbiamo abbastanza di camminare, perchè non scivolare fino almeno a metà strada?
Dovremmo brevettare questa nuova attività, Squat-slide: un po’ di neve compatta e senza pietre, due robusti scarponcini e il gioco è fatto, i bastoncini danno la spinta e una volta fatte le tracce si scivola che è un piacere, lo stop invece è tutt’altra questione, il divertimento sta nell’evitare le rocce e rialzarsi in tempo!
Sopravvissuti alle nostre invenzioni – contro ogni pronostico, senza incidenti! – in breve siamo di nuovo al bivacco, dove ci aspettano pane, prosciutto e formaggio, prima di intraprendere nuovamente il sentiero del ritorno e tornare da dove siamo venuti.
Tornando verso la macchina, sopra il lago Visaisa, vediamo delle rovine di quella che pare una vecchia e gloriosa costruzione, e scopriamo che agli inizi del secolo scorso, queste valli erano frequentatissime ed un importante personaggio locale aveva finanziato un rifugio di prestigio, poi finito tra le fiamme negli anni a venire.
C’è da augurarsi, allora, che queste valli ora quasi deserte, così come tante fantastiche altre, tornino agli antichi splendori, se lo meritano davvero!
AP
Complimenti ragazzi! Che magnifico weekend!
Tutto merito della Val Maira 😀 !
wow che bel posto…da visitare 😉
Assolutamente uno dei posti più belli dove abbiamo fatto trekking !