Data Trekking: 08/10/2016
Questo weekend torniamo in un posto già visitato, ma ci avventureremo ben oltre quella che era stata la nostra meta la volta scorsa.
Oggi andremo a scoprire il Bivacco Ivrea, dopo un veloce saluto ad una vecchia conoscenza, il rifugio Noaschetta, che ancora ricordiamo per una meravigliosa notte di qualche tempo fa.
Partiamo da Noasca per il tranquillo sentiero che ci condurrà facilmente al rifugio Noaschetta. E’ una splendida immersione nel Parco del Gran Paradiso, in questi boschi fitti e antichi, popolati di piccoli animaletti e di greggi al pascolo.
Lungo il nostro cammino, ormai superati i molti tornanti mai troppo pendenti su per i boschi, incontriamo due simpatici asinelli coccoloni che ci scroccano qualche abbraccio!
Proseguiamo, ormai superato il rifugio Noaschetta, appena intravisto giù in fondo alla valle, a lato del fiume. Non siamo neanche a metà strada e abbiamo già camminato più di un’ora.
Non che non lo sapessimo: il bivacco Ivrea è quasi 1.800 metri più in alto della nostra partenza ed il sentiero, mai troppo pendente, è molto lungo. Ma abbiamo tempo e speriamo che le previsioni – meteo nuvoloso, ma nessuna precipitazione – ci abbiano azzeccato, altrimenti faremo anche un bel bagno prima dell’arrivo!
A tratti intravediamo il cielo, a tratti sembra che debba diluviare da un momento all’altro, ma siamo fortunati e asciutti, per il momento.
Molto più facilmente della volta scorsa, raggiungiamo il casotto dei guardiani del Parco e l’Alpe Arculà, quella che era stata la nostra meta raggiunta, faticando, con le ciaspole. Facciamo una breve pausa e poi ripartiamo.
Ora il sentiero è chiaro e pulito, a tratti impegnativo, ma mai troppo. Proseguiamo ancora, il tempo ormai abbiamo smesso di contarlo, ed infine raggiungiamo un enorme pianoro semipaludoso, il pianoro di Goui.
Il paesaggio è cambiato davvero molto rispetto ai boschi da cui siamo partiti; abbiamo superato la linea degli alberi da un pezzo ormai e ci ritroviamo circondati di cime rocciose e bassi arbusti.
Ma i picchi che ci circondano sono altrettanto belli che i boschi, con il fascino particolare dei posti difficili da raggiungere e disabitati.
Superata l’ultima cresta, ci avventuriamo – inconsapevoli della difficoltà – all’ultimo facile pianoro. Laggiù in fondo, abbarbicato su una piccola collinetta, il giallo bivacco Ivrea.
Ben presto ci accorgiamo che questi ultimi metri sono devastanti: saltelliamo di pietra in pietra e tra la sabbia del fondo del fiume, ora secco, e, quando ormai siamo a pochi metri dal bivacco, l’ultima ripida salita – pochi metri, ma decisamente ripidi – ci distruggono definitivamente le gambe, provate dal grande dislivello di oggi.
Un abbraccio al bivacco è il minimo: ci è voluta una lunga giornata di fatica per arrivare quassù!
Il bivacco Ivrea è davvero minuscolo, ma ha tutto l’indispensabile. Nove letti ben organizzati – modello tetris! – ed un tavolino a scomparsa con due panchette instabili sono tutto ciò che ci serve, insieme al nostro inseparabile Jetboil.
Dopo aver bevuto un bel tè caldo ed esserci cambiati, cominciamo subito a preparare la cena. Siamo ben organizzati, ma mangiare in tre con un solo Jetboil, tre scodelle ed un tavolino traballante non è la cosa più semplice e veloce.
Dopo alcune peripezie – agnolotti e brodo rovesciati e porzioni discutibili – abbiamo finalmente la pancia piena, ma fuori è salita una nebbia fitta da valle: niente cieli stellati stanotte.
Ci infiliamo presto sotto le coperte, nei piccoli ma comodi lettini. Siamo stanchi e ben presto le chiacchiere si spengono e gli occhi si chiudono.
Al risveglio il tempo è migliorato, ma è ancora ben lontano dall’essere sereno. Le nubi incombono lasciando spazio a qualche piccolo angolo di cielo qui e là.
Una bella colazione ci rimette in forze e ci dirigiamo subito al Lago della Losa, a quasi 3.000 metri di altitudine. La salita non è troppo lunga, ma molto faticosa, soprattutto dopo la lunga camminata di ieri. Però siamo determinati e dopo aver vagato un po’ – potevamo non perderci almeno una volta? – tra rocce e massi, eccolo.
Grande e dalle acque limpide – non avessimo fretta e calasse questo bel venticello gelido, un tuffo sarebbe il minimo! – ci offre il panorama ideale per una seconda colazione, o un pranzo in anticipo!
Non rimaniamo troppo al lago della Losa, la strada del ritorno è molto lunga e ci vorranno diverse ore per scendere.
Tra piccoli angoli di azzurro che spuntano in cielo e nubi che salgono veloci dal fondo valle, ci rimettiamo in cammino, chiacchierando e godendoci – per quello che possiamo vedere almeno – il paesaggio.
Superato il rifugio Noaschetta ci imbattiamo in un grosso gregge di pecore e, sorpresa!, è pieno di agnellini anche con pochi giorni di vita.
Ne troviamo uno che fa un pisolino proprio sul sentiero e che ci accompagna per qualche metro, per poi tornare dalla mamma.
Infine, ci inoltriamo nel bosco e percorriamo i lunghi chilometri di tornanti che piano piano ci riportano alla macchina, a Noasca.
Una bella avventura, il bivacco Ivrea è sicuramente sulla lista dei posti in cui tornare!
AP
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