Un risveglio in riva al mare non troppo bagnato, siamo molto contenti e questa felicità ci aiuta a combattere l’ansia per gli 80 chilometri di sterrato che ci aspettano.
Ma prima una colazione vista fiordo, che è sempre un bel momento!
Lo sterrato non è poi così male e ci godiamo diverse fermate per goderci i panorami da una strana prospettiva: in alto. E’ abbastanza insolito in questa terra piatta essere sollevati rispetto all’acqua e le vallate sorte dalle acque sono davvero spettacolari.
Ci dirigiamo alle imponenti cascate di Dylandi, poco prima di finire la nostra dose di sterrato quotidiana.
Le cascate di Dynjandi sono decisamente imponenti, ma più che lo spettacolo visivo è il rumore che colpisce. Il rumore copre ogni altro suono e più ci avviciniamo – decidiamo di fare due passi ed arrivare in un punto rialzato più vicino all’acqua – più è difficile anche solo sentirsi l’un l’altro.
E poi il vento sollevato dall’acqua che cade è davvero forte e rinfresca una classica giornata islandese, mai troppo calda. E solo quando ormai siamo sotto la cascata, ci rendiamo conto di esserci fermati sulla parte alta del fiume, poco prima di arrivare qui.
Lasciate le cascate, una breve fermata per la spesa e arriviamo a Flateyri che ci aspetta per un’avventura in kayak.
Arrivati in paese – città è un termine che qui in Islanda conoscono poco – vediamo i kayak, ma non troviamo chi li noleggia. Optiamo per una pausa caffè e…il barista è proprio la persona che cercavamo: barista, uomo che noleggia i kayak e chissà che altro.
Recuperato tutto il necessario saltiamo in kayak e l’avventura comincia!
La partenza è a dir poco comica: scopriamo che i kayak hanno dei pedali collegati al timone, ma ormai siamo saliti e i pedali regolati male non rispondono come dovrebbero; la stabilità è precaria e si avanza davvero molto lentamente.
Ci serve mezz’ora, una buona dose di nervoso e un primo attracco per risolvere i problemi e finalmente metterci in marcia degnamente. Una volta risolti i vari problemi l’avventura volge al meglio e, pagaiata dopo pagaiata, raggiungiamo la nostra meta, la fine del fiordo.
Sistemato il campo e portato i kayak ben fuori dalla portata della marea, esploriamo i dintorni. Siamo poco lontano da una fattoria e a pochi passi ci sono i resti di quello che probabilmente era il vecchio ponte.
Monitoriamo la marea con degli ometti di pietra sulla riva, sperando di riuscire a calcolare bene i tempi e non trovarci la corrente contro domani.
La sera adottiamo una paperella per cena: mangia con noi e cerca anche di mangiarci un po’ i piedi, poi la riaccompagniamo al suo stagno – probabilmente non ci vede da un occhio – e noi ci fiondiamo in tenda, ben pronti per il nostro meritato riposo dopo le fatiche della giornata.
Il risveglio è favoloso: la giornata è bellissima e soleggiata e siamo pronti per rientrare, con la dovuta calma. I totem funzionano e aspettiamo che la marea cambi per partire, tappa alla bellissima isoletta centrale del fiordo per pranzo.
Arrivare all’isoletta non è semplice: i nostri calcoli non hanno funzionato benissimo e la corrente non è proprio a nostro favore, ma con sforzi e fatica, alla fine, attracchiamo, ma su un pezzo di spiaggia che sembra quasi sabbie mobili.
Ci prendiamo una lunga pausa per mangiare e rimetterci in forze, attorniati dai gabbiani, felicissimi per aver scelto questa pausa.
Ora di rientrare ed ecco che il vento si alza e la corrente contraria aumenta: il rientro è una lunga agonia, con Flateyri che si avvicina troppo lentamente.
Una volta rientrati, posiamo tutto il necessario e andiamo a salutare il nostro amico, insieme con una bella fetta di torta per celebrare un’altra meravigliosa avventura.
Trovare un posto per la notte non è semplice: Isafjordur è un po’ buia e quasi affollata, Sudureyri non offre possibilità, quindi raggiungiamo Bolungarvik, oltre il 66°parallelo e passiamo la notte più a Nord di questa estate subartica.
Il giorno seguente, ben riposati dopo le fatiche del kayak, decidiamo che è ora di trovare una vera doccia: il sale e l’odore di pesce cominciano ad essere troppo persistenti. Facciamo un piccolo salutino alle volpi blu del centro di riabilitazione di Sudavik che troviamo lungo la strada e guidiamo gli ultimi tratti di sterrata: da ora in avanti sarà solo asfalto, per la felicità di Atti!
Decidiamo di dirigerci verso la costa est di Strandir, la penisola dei fiordi nel Nord Ovest dell’Islanda. Puntiamo a Dragsnes, un paesino che promette delle terme naturali con doccia. Ma prima di arrivare, vediamo le balene a pochi metri dalla riva e non possiamo che fermarci per una pausa pranzo con avvistamento di balene!
Dopo l’insalata di patate tra gli scogli del fiordo, vista balene, è davvero ora della bagno. Guidiamo ancora un po’ e raggiungiamo le meritate terme: tre vasche cristalline proprio in riva all’oceano. Non potevamo concludere la giornata in maniera migliore.
La sera, trovare un posticino per piantare la tenda non è semplice: raggiunto il Ring, la strada 1 che gira intorno all’Islanda intera, guidiamo un po’ e troviamo una piccola stradina laterale che ci offre il posto perfetto. Concludiamo la giornata con un bel tramonto rosa, qualche cavallo che ci saluta e un po’ di pecore che ci fissano.
Siamo arrivati agli sgoccioli di questa avventura, è l’ultimo giorno di viaggio e ci dirigiamo spediti a Sud, con una piccola fermata a Borgarnes per una visitina ad un cratere vulcanico, una passeggiata per sgranchirci le gambe.
Ma la vera destinazione è Gardur, dove ci aspetta un faro e, incrociamo le dita, un’ultima Aurora Boreale.
La giornata scorre lenta, tra un caffè e un dolcino, una sosta e decisamente un po’ di stanchezza dopo i lunghi giorni di viaggio.
Raggiunta Gardur, non possiamo far altro che dirigerci al grande campeggio sulla punta del fiordo, giusto davanti al faro.
Passiamo una piacevole serata esplorando i dintorni e organizzandoci per l’indomani: la consegna della macchina e l’ultima notte – in casa, abbiamo una bellissima prenotazione in AirBnB che ci aspetta! – poi torneremo a casa.
Non siamo fortunati, il cielo si rannuvola poco prima del tramonto e l’Aurora Boreale non è che un ricordo di quella vista alcune notti fa. In compenso ci saluta una bella pioggerellina notturna, l’ultima.
Salutiamo l’Islanda, questa favolosa terra di ghiaccio e fuoco, terra aria e acqua. Ne abbiamo esplorata solo una parte e prima o poi torneremo per altre avventura al limite del Circolo Polare Artico.
Arrivederci Islanda!
AP
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