Dopo la grande avventura a Kachemak Bay ed il lavaggio, siamo puliti e profumati – più o meno – ma, come al solito, non abbiamo ancora un posto per la notte. Ci dirigiamo in direzione di Seward, dall’altro lato della penisola di Kenai, attraversando la magnifica Chugach National Forest.

Mentre guidiamo verso Nord, superata una delle cittadine più grandi, Soldotna, troviamo finalmente il posto che fa per noi, Kelly Lake. Qui troviamo un campeggio gratuito con tavoli da pic-nic, anelli per fare il fuoco e addirittura dei bagni. Ma non è finita…

Da homer a Exit Glacier

Una cabin vuota. immersa nel bosco, non rischiassimo una gran multa dormiremmo qui

Troviamo il nostro angolo di campeggio per la notte, parcheggiamo e decidiamo di fare una bella passeggiata in riva al lago Kelly, in direzione di una cabin che vogliamo vedere da vicino.

Meno di dieci minuti, un po’ umidi – scende una pioggerellina leggera – ed eccoci in una bella radura con al centro questa magnifica cabin, vuota. Sulla riva del lago vediamo anche una piccola barchetta in acciaio che appartiene alla cabin. Ci fa troppa gola un bel giro in barchetta e così la “prendiamo in prestito” per qualche minuto e ci avventuriamo poco oltre la sponda – non possiamo rischiare di farci vedere dal campeggio e quindi rimaniamo dietro l’insenatura.

Da homer a Exit Glacier

Il primo “furto” in Alaska: una barchetta al Kelly Lake

Rientriamo alla nostra casa viaggiante e ci prepariamo una soddisfacente cena prima di andare a dormire.

Dopo tutta la notte passata sotto un diluvio, il risveglio non cambia: diluvia e non accenna assolutamente a smettere. Oggi pensavamo di andare a fare un giro all’Harding Icefield, quello da cui scende Exit Glacier, il ghiacciaio Exit, una lingua di ghiaccio che si butta giù da una cresta.

Non possiamo fare praticamente nulla e così decidiamo di mangiare: andiamo al Resurrect Art Coffee House di Seward, un bar molto carino dove ci gustiamo caffè e qualche biscotto e riusciamo a fare una bella chiacchierata con 4 ragazzi di Vancouver che viaggiano e fanno foto bellissime. Il tempo continua ad essere pessimo: andiamo fino a Exit Glacier e ci consultiamo con i ranger, che ci sconsigliano di salire oggi, non vedremmo nulla. Ripieghiamo quindi sull’Alaska Sealife Center dove, per la prima volta, vediamo i mitici puffin da vicino.

Da homer a Exit Glacier

Notte sulle sponde del Resurrection River con incontri che rimarranno per sempre

E’ una giornata infruttuosa ma molto rilassante. L’acquario è molto interessante, soprattutto perché tutti gli animali all’interno sono in fase di recupero e non catturati per essere esposti, cosa davvero importante.

Abbiamo tutto il tempo necessario per cercare il posto per la notte e ci viene in mente che mentre andavamo alla stazione dei ranger c’erano alcuni punti dove era possibile accedere al letto secco del fiume Resurrection, così torniamo indietro e cerchiamo l’unico posto i cui riusciamo a passare tra i massi messi apposta per non farci passare.

Scopriamo che la nostra geniale idea è condivisa da diverse altre persone, tra cui una coppia di signori anziani che rientrano da diversi giorni di kayak – con questo tempo, che tempra! – che ci invitano nel loro gazebo con un bel fuocherello – davvero ben organizzati, si vede che sono locals – dove gustando marshmellows abbrustoliti ci raccontiamo storie d’Italia e del Mondo, con la promessa di rivederci prima di partire.

Exit Glacier - Harding Icefield

Il tempo passa troppo veloce per il ghiacciaio che si scioglie inesorabilmente

Al risveglio diversi dei nostri vicini, compresi i nonni, se ne sono già andati, ma si sa, noi non siamo mattinieri. Una colazione lenta dà il tempo al meteo di stabilizzarsi un po’, anche se il giro guidato dal ranger è nuovamente saltato. Con le pance piene andiamo, finalmente, ad esplorare Exit Glacier.

Saliamo per il facile sentiero a lato del ghiaccio che scende, con i suoi crepacci blu accesi, gli scricchiolii ed il rumore di acqua che gocciola. Mentre saliamo notiamo i molti cartelli che segnalano il passare del tempo, dove il ghiacciaio arrivava solo pochi anni fa. Vedere così da vicino il cambiamento è davvero impressionante, decine di metri in una manciata di anni.

Exit Glacier - Harding Icefield

Anche se si è già ritirato tantissimo, l’Exit Glacier è ancora imponente

Torniamo sui nostri passi e, guardando i cartelli, scopriamo di poter arrivare fin su in cima, dove si ha la vista su gran parte dell’Harding Glacier. Andiamo al casotto dei ranger e chiediamo qualche informazione sulla possibilità di arrivare lassù: la risposta è fin meglio di quanto ci aspettassimo, non solo il tempo è in miglioramento, ma è addirittura possibile campeggiare proprio alla fine del sentiero.

Non ci pensiamo due volte, ci fiondiamo in macchina e riempiamo gli zaini, cercando di mantenerli leggeri; ci aspettano 1.100 metri di dislivello in 4 miglia, non dovrebbe essere troppo faticoso, forse…

Exit Glacier - Harding Icefield

Si parte per una nuova emozionante avventura, direzione Harding Icefield

Si inizia con una ripida salita a tratti quasi a gradoni che ci taglia il fiato e le gambe, gli zaini sono chiaramente più pesanti di quanto non dovrebbero. Ma, a giudicare dalle mappe, una volta superata la metà dovrebbe essere tutto molto più semplice. Fino a che camminiamo nella foresta è tutto molto simile a quanto abbiamo già visto, però una volta superati gli ultimi alberi, lo spettacolo che ci si apre davanti è favoloso: siamo all’altezza di metà del ghiacciaio ed immensi crepacci blu si aprono a pochi passi da noi.

La salita è lunga e prova le nostre gambe parecchio, ma il sentiero è sempre molto ben segnato e alla fine raggiungiamo lo shelter, il rifugio di emergenza che è poco più che 4 assi inchiodate che però ci riparano dal vento gelido mentre ci cambiamo e ci infiliamo dei vestiti asciutti.

Exit Glacier - Harding Icefield

La salita è sfiancante, gli zaini pesano molto più di quanto siamo abituati a portare

Da qui ancora non vediamo l’Harding Glacier però, dobbiamo ancora camminare qualche minuto sulla cresta e poi eccolo: un’immensa cupola bianca – sì, si vede chiaramente la forma a cupola – da cui spuntano piccole e grandi punte di roccia nera imbiancate, e poi ancora ghiaccio e ghiaccio e ghiaccio.

Ci siamo solo noi, l’ultimo escursionista della giornata è già in direzione della discesa e non ci resta che cercare il posto migliore per piantare la tenda. Lo troviamo in un piccolo spiazzo che guarda proprio al ghiacciaio e che era già stato usato da qualcuno – le pietre spostate ce lo confermano. Non abbiamo troppo timore degli orsi quassù, non c’è cibo qui intorno e nemmeno tane o posti che potrebbero essere interessanti per un orso, speriamo almeno.

Exit Glacier - Harding Icefield

Una notte in wild camping semplicemente indimenticabile: noi, il ghiaccio ed il silenzio

Soffia un vento gelido dal ghiacciaio che rende la cena abbastanza veloce e ci fa venir voglia di un’altra passeggiata, pur di non star fermi. Scendiamo fino al limite del ghiaccio e addirittura ci avventuriamo di qualche passo sopra, ma sentiamo fiumi di acqua scorrere sotto i nostri piedi e decidiamo che è meglio non rischiare; nonostante l’impressione sembra tutto molto fragile.

Tornati alla tenda ci facciamo un bel tè caldo che ci scalda un po’ le ossa prima di infilarci in tenda e ben chiusi dentro i sacchi a pelo caldi.

Exit Glacier - Harding Icefield

Un tè caldo, il ghiacciaio a pochi passi da noi, la luce del tramonto, una pace immensa

Ma prima di addormentarci decidiamo di mettere una sveglia all’1:30 perché sembra che ci sia la possibilità di vedere l’Aurora Boreale, anche se le nuvole basse all’orizzonte non promettono bene. Peccato che ben prima che suoni la sveglia, siamo già svegli a causa del troppo tè caldo e caffè. 

Ma è una gran fortuna: le nuvole sono state spazzate via quasi del tutto dal vento e un lievissimo bagliore appare dietro di noi, di fronte al ghiacciaio. Subito non siamo sicuri che sia davvero Aurora, la notte è senza luna e potrebbe anche solo essere il riflesso di una nuvola, ma ben presto la luce comincia a muoversi, strisce si alzano verso il cielo ed il profilo della montagna si staglia nel buio della notte contro un flebile bagliore verdastro.

Exit Glacier - Harding Icefield

Cos’altro chiedere da una notte in tenda di fronte al ghiacciaio, l’Aurora Boreale

Rimaniamo fuori almeno un’ora a far foto decisamente non vestiti adeguatamente, a bocca aperta davanti allo spettacolo incredibile davanti ai nostri occhi. Poi, quando anche l’ultimo bagliore scompare, ci infiliamo nuovamente in tenda, ma è gelida, il materasso brinato al di sotto e noi gelati fino alle ossa. Le ore successive sono piene di gelo e poco sonno, finché la sveglia non ci libera da questo tormento.

Fa decisamente troppo freddo per la colazione, così impacchettiamo tutto alla veloce ripartendo il carico – ieri Atti ha fatto un po’ lo sherpa, ops! – e scendiamo.

Arriviamo al casotto dei ranger affamati e gelati, ma la soddisfazione per l’avventura appena conclusa è davvero immensa, sarà sicuramente uno dei ricordi indimenticabili di questa vacanza!

Qui trovate il Diario di viaggio -> Alaska il grande viaggio

AP