Data Trekking: 16/06/2018
Altro weekend, altra avventura: con la bella stagione non possiamo stare fermi neanche mezza giornata.
Oggi ci dirigiamo in Valle Gesso, per la seconda volta dopo una gita invernale senza grandi conquiste ma con grande soddisfazione per i panorami imbiancati visti: diversi mesi fa eravamo andati alla scoperta di Bivacco Barbero, ora invece ci dirigiamo al Bivacco Varrone, partendo dalle Terme di Valdieri, poco distante da dove eravamo partiti quest’inverno.
La prima scoperta non è simpatica: siccome ci sono le terme, i parcheggi alla partenza dei sentieri sono tutti a pagamento, a meno di non voler parcheggiare lungo la strada. Decidiamo di pagare per non lasciare le macchine tutta la notte a bordo strada, ma non è il miglior modo di cominciare la giornata.
Superato il primo momento di nervosismo, basta qualche passo lungo il sentiero, a fianco del fiume che score ben pieno, per farci tornare il sorriso sulle labbra e rilassarci. Superati i primi metri a lato del fiume, comincia una lunga serie di tornanti che guadagnano altitudine lentamente, addirittura troppo lentamente e più di una volta prendiamo qualche scorciatoia per tagliare le curve.
E’ una giornata calda, ma gli alberi ci offrono una passeggiata rilassante in gran parte in ombra, e più saliamo e più le folate di aria fresca aumentano.
I tornanti continuano a lungo e quando son quasi finiti il sentiero rimpicciolisce ma continua a salire lentamente fino a quando, infine, raggiungiamo il pianoro della Valle di Lourousa e non possiamo che fermarci per una lunga pausa: la vallata si apre ampia di fronte a noi e da sopra il piccolo colletto riusciamo a scorgere diverse pozze con acque cristalline.
La voglia di fare un tuffo è immensa, anche se il venticello fresco non è di certo d’aiuto; decido di togliere gli scarponcini per dare una rinfrescata ai piedi e vedere se è possibile pensare ad un bagno. Basta un’unghia infilata nell’acqua per capire che non si può fare, è gelida e non riesco a tenere nemmeno i piedi a bagno per più di qualche secondo, un tuffo è garanzia di congestione!
Tra un morso di un panino e un frutto, ci arrivano folate di un’odore tutt’altro che piacevole: ci alziamo per capire da dove arrivi e, sotto gli alberi a pochi metri da noi, troviamo la carcassa di uno stambecco in avanzata fase di decomposizione. Ne approfittiamo per qualche macabra foto, cercando di non riproporre il pranzo appena fatto – l’odore è davvero insopportabile!
Superato il momento macabro e la pausa panino, è ora di raggiungere finalmente il Bivacco Varrone: lo vediamo già da un bel po’, abbarbicato tra le rocce della parete alla nostra destra, una macchia arancione incastonata tra le pietre ed i nevai.
Il sentiero non è sempre facile da trovare a causa dei nevai, ma gli ometti e i segni ci aiutano ad intuirne la traccia e ad ogni modo la nostra meta è sempre lassù, chiaramente visibile: quando non riusciamo a trovare il sentiero puntiamo dritti al Bivacco Varrone ed infine, superato l’ultimo nevaio più ripido degli altri, eccoci approdare sulla piccola spianata di fronte al bivacco.
Qualche nuvola si è addensata dietro la cresta che sovrasta il Bivacco Varrone, ma nulla di preoccupante, se non che potrebbe privarci della stellata notturna.
Lasciati gli zaini ed aperto porta e finestre per far entrare un po’ d’aria – l’umidità all’interno è notevole e la temperatura è più mite fuori che dentro – esploriamo un po’ la zona: innanzitutto mettiamo birre e coca cola al fresco nel frigo appena fuori dalla finestra – un nevaio perfetto a portata di mano direttamente dal tavolo interno! – e poi cerchiamo di capire da dove prendere l’acqua; le opzioni sono un rivoletto di fusione del nevaio, che va e viene, o sciogliere pentolini di neve, decidiamo di sfruttarli entrambi.
Ci allontaniamo di poco dal bivacco e scopriamo che i camosci prediligono le verdi erbette e piccoli cespugli che crescono a pochi metri dal Bivacco Varrone e non sono poi troppo spaventati da noi, anzi, rimangono a fissarci nonostante la vicinanza, che bello!
Ben presto il sole sparisce dietro le vette e, anche se la luce rimane ancora a lungo, un vento freddo e il calare della temperatura ci spediscono all’interno per la lunga cena e le chiacchiere che seguono, tutto rigorosamente a lume di candela.
Aspettiamo che la luce scompaia ed appaiano le prime stelle e veniamo ben presto ripagati per la lunga attesa: un cielo stellato e terso si rivela infine, anche se per poco, prima che sorga la luna e nasconda gran parte dello spettacolo, dandoci un buon motivo per andare finalmente a dormire.
L’indomani mattina ci svegliamo presto, anche se il sole se la prende comoda prima di illuminare il Bivacco Varrone a causa della cresta che separa il bivacco dal Rifugio Morelli-Buzzi, quello che sarà la prima meta di oggi.
Aspettiamo che i raggi di sole illuminino la parete e nel mentre facciamo la prima e la seconda colazione, sistemiamo il Bivacco Varrone – la regola è sempre la stessa, lasciarlo meglio di come tu l’abbia trovato – e siamo pronti per una nuova camminata: prima scendiamo di nuovo nella Valle di Lourousa e poi risaliamo verso il Rifugio Morelli-Buzzi, perdendo circa 400 metri di altitudine per poi riprenderli.
Raggiungiamo il Rifugio Morelli-Buzzi che è ancora troppo presto per far pranzo – anche se l’odorino di polenta concia e salsiccia fa venire l’acquolina in bocca a qualsiasi ora! – e così decidiamo di procedere verso il Colle del Chiapous per far spazio al piatto di polenta che sappiamo non potremo rifiutare.
Ci incamminiamo sul sentiero, sono meno di 200 metri di dislivello, ma alcuni nevai che vediamo già da qui promettono di mettere un po’ di brivido alla salita. E in effetti è così: cerchiamo il più possibile di salire per rocce e roccette, anche quando sono più ripide e bisogna per forza metter le mani a terra, ma siamo comunque costretti a superare un paio di nevai dalla neve ormai già molle. Ma infine eccoci in cima, anche oggi abbiamo raggiunto la meta! Qualche minuto per scattare la foto che ci ricorderà la conquista e siamo di nuovo diretti al Rifugio Morelli-Buzzi, in discesa questa volta.
Ben presto siamo di nuovo al Rifugio, con l’aggiunta di un bel momento adrenalinico a causa di uno scivolone su di un nevaio particolarmente ripido – non si è mai troppo sicuri sulla neve, sempre meglio prestare la massima attenzione e, se possibile, usare i ramponi anche solo per sicurezza – e ci gustiamo la meritata polenta concia con salsiccia, davvero ottima, accompagnata dallo spettacolo degli stambecchi che leccano qualunque superficie potenzialmente salata, muri e muretti inclusi!
Infine, la giornata volge al termine, le nuvole si sono addensate minacciose all’orizzonte e non ci resta che incamminarci verso la macchina, ovviamente non abbastanza veloci da sfuggire al temporale pomeridiano, che però ci offre panorami inconsueti, come la nebbia che si alza dalla neve sciolta dalla pioggia, davvero notevole.
E dopo un’interminabile discesa per gli infiniti tornanti rieccoci al parcheggio delle Terme di Valdieri, un’altra avventura è terminata, ma tante altre ci aspettano!
AP
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