Data trekking: 14-15/07/2016
E rieccoci in Valle d’Aosta, ormai è un vizio, ma questa volta non siamo soli come l’ultima avventura, ci accompagnano tre amici e un quadrupede, ormai compagni stabili di avventura!
La destinazione è il bel bivacco Menabreaz ed i Laghi di Laures. Di buona mattina – saranno le giornate calde che non ci fanno dormire, ma stiamo diventando dei muntagnin modelli! – lasciamo la macchina poco dopo il paese di Grand Brissogne, all’altezza del bivio che segnala il punto in cui non si può più proseguire in macchina. Fa un gran caldo e la prima parte di sentiero su sterrata con tornanti non è proprio piacevole.
La strada sotto il sole finisce alla rumorosissima centrale idroelettrica, che sfrutta la forza della vicina cascata per dare energia. Un gran bel progetto che dall’alto è praticamente invisibile, incastonato nella roccia e coperto da un prato erboso. Riprendiamo il cammino verso il bivacco Meanbreaz infilandoci finalmente nel bosco, all’ombra, e salendo veloci lungo gli stretti tornanti fino ad arrivare al piccolo bivacco Tramail, un gioiellino con stufa davvero accogliente, chissà se riusciremo a sfruttarlo quest’inverno!
Ne approfittiamo per una pausa pranzo mentre le nuvole si fanno sempre più minacciose. Neanche cinque minuti dopo esserci rimessi in cammino, ecco che cadono le prime gocce d’acqua, una leggera pioggerellina per cominciare, che presto si trasforma in una pioggia battente ed a tratti anche qualche non piacevolissimo chicco di grandine.
Decidiamo di non fermarci, tanto ormai siamo fradici e al bivacco dovrebbe esserci una stufa pronta per farci asciugare tutto. Raggiunto il pianoro ormai abbastanza vicino alla nostra meta, la pioggia finalmente smette di cadere e bastano pochi minuti, con le nuvole ancora basse e cariche d’acqua, per regalarci non uno ma ben due arcobaleni bellissimi.
Rincuorati dal tempo che sembra migliorare – non vorremmo esser saliti fin quassù per star chiusi in bivacco! – ci dirigiamo a passo veloce verso l’ultimo tratto di salita ed attraversiamo gli ultimi residui di nevai che ancora resistono al caldo quasi estivo, attraversati da fiumi e ruscelletti carichissimi d’acqua.
La lunga salita comincia a farsi sentire, le gambe sono un po’ stanche e non vediamo l’ora di arrivare. Finalmente, dopo l’ennesima roccia salita, ecco che di fronte a noi la vallata si apre, con il Monte Emilius a farla da padrone che si riflette nel Lago di Laures, almeno per la parte non coperta dalle nuvole, ma il bivacco ancora non si vede.
Perdiamo qualche metro di quota scendendo verso il lago ed ecco che finalmente, dietro ad una curva, appare prima una costruzione e poi un’altra più grossa inizialmente nascosta alla vista, siamo arrivati – belli fradici – al Bivacco Menabreaz!
La costruzione nella quale sorge il Bivacco Menabreaz è davvero enorme, anche se solo una piccola parte è lasciata libera ed aperta agli escursionisti, mentre tutto il resto è privato. Riusciamo a spiare dentro qualche porta e finestra e scopriamo che il bivacco è solo la punta dell’iceberg, qui si possono tranquillamente tenere feste per decine di persone! Che fortuna essere i proprietari di un posto come questo, in una posizione davvero spettacolare in riva al lago.
Entriamo e scopriamo che non siamo soli, anzi, c’è una bella calca e riempiamo completamente i posti disponibili: oltre ad una coppia di camminatori e due signori solitari, ci sono anche 4 amici saliti fin qui per pescare nelle limpide acque dei Laghi di Laures.
Troviamo i nostri posti e mettiamo ad asciugare scarpe e vestiti fradici, domani dovrebbe essere una bella giornata e permetterci di andare alla scoperta di qualche vetta, speriamo!
Il tempo passa veloce tra chiacchiere e risate e ben presto è ora di cena. Siamo ben organizzati rispetto ai signori solitari che si aggirano da queste parti, ma i pescatori ci hanno decisamente battuto: non solo sono venuti fin qui davvero ben equipaggiati con ragù e tutto il necessario per una buona pasta, ma la pesca è stata fruttuosa e hanno un sacco di piccole trote di lago appena pescate e pulite, pronte da condividere con tutti quanti.
Siamo davvero entusiasti di questo piatto inaspettato: i signori cucinano le trote solo con del burro e della salvia selvatica raccolta qui in giro, ne assaggiamo una a testa e sono semplicemente deliziose. Non contenti, si preparano anche una bella pasta con il ragù di cervo – non quelli confezionati come i nostri, vero ragù di cervo cacciato da qualche loro amico – e anche qui siamo invitati a condividere, peccato aver le pance già strapiene!
Andiamo a dormire felici e rimpinzati, pronti a riposarci per domani. Il programma prevede, tempo permettendo, la salita alla Becca di Salè, poco più di 500 metri di dislivello, ma la promessa di un gran bello spettacolo dei laghi visti dall’alto.
Al risveglio, il bivacco è già mezzo vuoto, siamo gli ultimi ad alzarsi, come al solito! Ce la prendiamo comoda con la colazione, ci sono ancora delle belle nuvole sopra le nostre teste, ma nulla di minaccioso per fortuna, se tutto va bene il cielo si aprirà tra poco.
Salutiamo i pescatori che si incamminano verso i laghi più in alto, per un’altra giornata produttiva di pesca e anche noi prepariamo per bene gli zaini e diamo una bella pulita al bivacco, poi prendiamo solo il necessario per la veloce salita che ci attende verso la Becca di Salè e ci incamminiamo verso la pietraia poco più avanti. Arrivati, non senza fatica saltando tra le rocce, al fondo della spianata, ci si para davanti una bella parete ripida di sfaciumi e rocce friabili e siamo quasi da subito a salire a quattro zampe, guidati dall’esperto Aro, il quattro zampe più fidato del gruppo!
Non è semplice salire, dobbiamo alternarci per evitare di farci franare le rocce uno sulla testa dell’altro – è impossibile salire senza causare piccole frane! – e la pendenza non accenna a diminuire. Con calma e pazienza, cercando di smuovere il meno possibile, raggiungiamo finalmente il colletto proprio sotto la Becca di Salè e, per l’ennesima volta, abbiamo raggiunto i 3.000 metri! Ci manca poco più di un centinaio di metri di dislivello per salire in vetta, ma almeno non siamo più su roccette friabili.
Il passo è molto più sicuro e facile di prima, ma un po’ l’altitudine e un po’ la stanchezza ci rallentano e prima di arrivare tutti alla croce di vetta della Becca di Salè ci vuole un po’ di tempo. Però, Aro per primo e poi tutti noi, raggiungiamo la croce e ci sediamo a goderci lo spettacolo mentre il cielo comincia a striarsi d’azzurro.
Non fa freddo nonostante il venticello bello fresco e riusciamo a mangiare il nostro pranzo a base di panini e cioccolata, tranquilli e rilassati, godendoci il panorama abbastanza inusuale. Infatti, basta girarsi di poco per lasciar spaziare la vista sulla verso le vette lontane e Aosta e i suoi dintorni nell’ampia valle che divide i due massicci, mentre se ci giriamo dall’altra parte il Monte Emilius è quasi a portata di mano e più in basso spicca l’azzurro e verde dei Laghi di Laures.
E’ un peccato però esser così vicini alla città – in linea d’aria s’intende – perchè nonostante ci separino più di 2 chilometri e mezzo da Aosta ed il suo traffico, il rumore riesce a salire fin quassù, disturbando il bel silenzio delle vette, soprattutto visto che siamo da soli!
Rimaniamo sul versante coperto per mangiare, ignorando il rumore e la città e lasciandoci ammaliare dai colori dei laghi sotto di noi, che cambiano con il muoversi delle nuvole. Poi, è tempo di scendere, ci aspetta una lunga discesa verso la macchina.
La lunga discesa comincia dapprima con i poco più di 500 metri che ci separano dal Bivacco Menabreaz, dove il terreno instabile ci rimette alla prova e ci rallenta, almeno nella parte alta dove non c’è terra ma solo pietre. Verso la metà troviamo una striscia di terra che finisce in un lungo nevaio che porta fin quasi all’altezza del lago, ed il divertimento comincia: prima saltelliamo giù veloci nella parte di terra per poi finire sul nevaio e cominciare la lunga scivolata – con qualche passaggio radente alle rocce! – che ci porta veloci fino al lago.
Una breve tappa al bivacco e si riparte per i quasi 1.500 metri di dislivello che ancora ci aspettano prima di terminare questa lunga gita.
Non ci concediamo troppe pause e scendiamo spediti, ripercorrendo il lungo sentiero di salita, questa volta sempre sotto un bel sole che, grazie alla pioggia di ieri che ha abbassato le temperature, non ci cuoce troppo.
L’unica vera pausa ce la concediamo quando il sentiero piega verso la cascata, con un bel parapetto in legno in una piccolissima radura da cui ammirarla. All’andata la nebbia aveva un po’ rovinato lo spettacolo, ma oggi riusciamo a godercelo alla grande, facendo addirittura un piccolo volo col drone. Poi si riparte e non ci si gira più indietro, e quando raggiungiamo la macchina i piedi sono bollenti e affaticati, ma la soddisfazione è grande, come dopo ogni rientro da un bel weekend avventuroso.
AP
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