Eccoci nella valle di Jyrgalan. Abbiamo sentito molte storie su questa vallata, “la migliore del Kyrgyzstan” e anche “un posto incredibile”, ora finalmente andiamo a vedere con i nostri occhi.
Entriamo nella cittadina di Jyrgalan: poche case lungo la strada, molte delle quali costruite solo a metà o baracche, tantissimi animali, soprattutto mucche e cavalli ed anziani e bambini davanti ad ogni porta. Giriamo un po’ a piedi tra le varie case che hanno a disposizione qualche posto per dormire e finiamo col piantare le tende in un grande campo dietro un albergo troppo caro – almeno rispetto agli standard delle nostre notti in tenda. Cena non eccessivamente soddisfacente e diretti a dormire, la giornata è stata molto lunga.
Ci svegliamo presto, le tende diventano in fretta forni: siamo molto più in basso rispetto alle notti scorse ed in pieno sole. Oggi ci siamo presi una giornata di pausa per riorganizzarci: dividiamo il gruppo, donne in giro a cavallo, uomini a fare la calza in albergo.
Felicissime per quest’attività che abbiamo a lungo sognato, saltiamo tutte a cavallo ben organizzate con telecamere e macchine fotografiche, e scopriamo che due dei nostri destrieri sono mamme da poco e di cui i due puledri saranno nostri graditi ospiti per la passeggiata.
Lasciamo gli uomini a poltrire al sole, mentre noi ce ne andiamo al passo. Appena usciti dal paese cominciano i problemi: le mamme hanno continuamente fame e si fermano e uno dei due maschi scalcia a una delle mamme. Insomma, la passeggiata è molto piacevole e piena di risate – qualcuna isterica! – arriviamo dopo un paio d’ore attraverso fantastiche vallate ad un piccolo laghetto dove riusciamo a sgranchirci le gambe. E chi lo sapeva che andare a cavallo fosse così faticoso!
Un pranzetto veloce in riva al lago, condividendo carote e qualche mela con i nostri fedeli destrieri, poi si riparte. Il ritorno è molto più semplice, i cavalli sono animali intelligenti e sanno che stanno andando a casa, quindi non fanno più i capricci e volano dritti verso casa, addirittura riusciamo a fare qualche tratto al trotto, capelli e criniere al vento, bellissima sensazione!
Rientrati a Jyrgalan, troviamo i ragazzi precisamente dove li avevamo lasciati. Ci rilassiamo per il resto della giornata: lavatrice, relax, vitellini che pascolano felici di fronte alle nostre tende ed addirittura vengono a farsi coccolare, cavalli che galoppano liberi a pochi metri da noi e poi bimbi che vengono a giocare nelle nostre tende, addirittura due intervistatori locali che vengono a fare domande agli stranieri. Prima di cena abbiamo la possibilità di sperimentare la banya, la tipica sauna kyrgyza con tanto di massaggio schiaffeggiante con un mazzo di foglie di quercia e secchiata di acqua gelida. Rigenerati, dopo una buona cena andiamo a dormire, domani si ricomincia a camminare.
Ci svegliamo e siamo già in ritardo, complici le tende fradicie dal temporale notturno che non si possono chiudere finché non si asciugano. La giornata non è fantastica – sappiamo già che il meteo non sarà clemente nei prossimi giorni, ma è parte del gioco – e il nostro horseman non aiuta a tirar su il morale, facendo il pignolo, abbiamo da ridire ed alla fine lui parte con i cavalli e qualche cosa rimane a terra, ed infine ce la carichiamo a spalle noi. Comincia anche a piovigginare, insomma, non la migliore delle partenze con Alex e Nurik che sogghignano chiedendosi perché ci piace soffrire.
Un po’ innervositi dalla discussione – e dalla pioggia, tempismo perfetto – camminiamo la prima ora abbondante quasi a passo di corsa fino a raggiungere il gruppo davanti a noi e seminando i cavalli. Già a buon punto, decidiamo finalmente di rallentare e goderci il paesaggio, il tempo è migliorato e l’umore di conseguenza.
Attraversiamo, con apprensione per i cavalli, una pietraia con grossi massi, per poi continuare a lato di un fiume cristallino in mezzo a verdissime collinette.
In fondo alla valle spuntano picchi appuntiti e innevati, con un ghiacciaio che scivola giù. Facesse solo un po’ più caldo faremmo un bagnetto nel fiume, ma la temperatura è decisamente fresca. Infine, eccoci arrivati, vediamo i cavalli fermi e siamo i primi ad arrivare, così possiamo scegliere lo spiazzo migliore per le tende. Abbiamo tempo per montare le tende, preparare pranzo e mangiare, poi le nuvole nere che ci hanno inseguito tutto il giorno ci raggiungono. Quando usciamo, riposati, possiamo goderci gli ultimi raggi di sole prima del tramonto mentre mettiamo su il pentolone che sarà la nostra cena: una poltiglia di riso e verdure varie bollite, non un bell’aspetto ma almeno sul gusto ci siamo.
Qualcuno fa una fuga veloce verso una collinetta vicino al campo, gli altri si rilassano sdraiati mentre vegliano sulla cena. I vicini di campo, un po’ impietositi dalla nostra poltiglia bollita, finita la loro cena ci portano un piatto di lagman – spaghetti e verdure kyrgyzi – e anche dell’ottimo e fresco melone bianco, una delizia. Il dopocena è molto sbrigativo, la temperatura crolla in fretta e l’arietta fresca ci spedisce tutti in tenda.
Una giornata molto lunga ci fa svegliare presto, ma dobbiamo aspettare qualche ora prima di vedere il sole e scrollarci di dosso la tanta pioggia della notte.La colazione è abbondantissima e piena di cose buone – finta-nutella, marmellata, pane, caffè, mirtilli al miele… – ed incredibilmente siamo pronti all’orario programmato. Con molta calma saliamo i primi 400 metri che ci scaldano ben bene le gambe, poi si prosegue, lenti e inesorabili verso il colle oltre i 3.500 metri. L’altitudine, una mezza congestione da freddo di Sara ed i tanti chilometri accumulati non ci fanno accelerare, però possiamo goderci la bellezza del paesaggio.
Arrivati finalmente al colle facciamo una breve pausa, dei cavalli nemmeno l’ombra, chissà se ci raggiungeranno! Dal colle vediamo la prossima meta, il fiume dal nome impronunciabile che taglia la vallata e costeggia la strada, 700 metri sotto di noi. Ci aspetta una lunga discesa, veloce, ma non abbastanza per non farci superare dai cavalli, che finalmente ci hanno raggiunto. A poco meno di 100 metri dal fondo valle, notiamo che non ci sono ponti per attraversare il fiume, né vicino né lontano da dove siamo: si prospetta un bel bagno!
E, infatti, i cavalli guadano senza troppe difficoltà e poi ecco che arriva il nostro turno: la mente torna ai giorni di guadi in Islanda, lungo il Laugavegurin trail e senza batter ciglio togliamo scarpe, calze e pantaloni, mettiamo tutto in spalla e via, Fabri a guidare il gruppo, si comincia a traversare con l’acqua ben sopra il ginocchio. La corrente è forte e l’acqua gelida, ma è uno spasso e arriviamo dall’altra parte rinfrescati e rinvigoriti. Rimandiamo il pranzo a più tardi visto che ci mancano ancora 800 metri di salita e ricominciamo a salire.
A poco meno di metà salita, circa 300 metri di dislivello, l’horseman decide che è arrivata l’ora di fermarsi e mangiare, e non si può discutere. Abbiamo appena il tempo di tirar fuori due cose dai barili ed ecco che le nuvole nere si spostano sopra le nostre teste, comincia a tuonare e subito dopo a piovere forte. I cavalli ripartono e noi anche, infilando il cibo in tasca e mangiando mentre si cammina. La pioggia diventa torrenziale in pochi minuti e, come se non bastasse, si trasforma anche in grandine. Camminiamo a testa bassa e controvento, completamente fradici e infreddoliti, cercando di affrettare il passo per scaldarci.
Perdiamo la cognizione del tempo, si cammina senza nemmeno vedere cosa ci circonda, una vaga idea della meta lassù. L’unica cosa buona è che non si sente la fatica, c’è altro di cui preoccuparsi ed infine eccoci arrivati al colle, e ha addirittura smesso di piovere! Non riusciamo a goderci il paesaggio, siamo troppo infreddoliti per fermarci e le nubi ci permettono appena di vedere il bel paesaggio alpino che ci circonda. Ci dirigiamo verso un laghetto un centinaio di metri più in alto, ma arrivati lì il laghetto non c’è e in compenso ha ricominciato a piovere.
C’è una bella discussione con l’horseman, lui dice che i cavalli son troppo stanchi per continuare e quindi dobbiamo fermarci qui, noi non abbiamo intenzione di dormire qui al freddo e sotto la pioggia e vogliamo scendere verso valle sperando di trovare un posto migliore. Alla fine, lo convinciamo con la promessa di un falò caldo e ci rimettiamo in marcia. Camminiamo a lungo verso valle, la pioggia sempre peggio, le speranze di trovare un campo con della legna asciutta scomparse.
Quando ormai sta calando la sera, mancano ancora più di 12 chilometri e siamo zuppi, valutiamo l’opzione di fermarci in una yurta che dovrebbe essere a circa un’oretta da noi e anche se non siamo tutti d’accordo, una volta arrivati ci accoglie una famiglia calorosissima che addirittura ci cucina una deliziosa zuppa, e passiamo una delle serate più belle del viaggio, una serata di vera vita kyrgyza.
Ci svegliamo dentro la yurta completamente buia, filtra appena qualche filo di luce e siamo preoccupati di doverci ributtare sotto la pioggia; invece, scostata la coperta che funge da porta, eccoci illuminati da un bel sole, ancora nascosto dietro le vette che ci circondano. I bimbi della famiglia sono già svegli e contentissimi di avere nuovi compagni di giochi: arrivano subito da noi e scattiamo mille foto e giochiamo a lungo mentre facciamo colazione e impacchettiamo tutto.
Rieccoci in cammino, sempre più felici di non aver continuato ieri sera: la camminata non è proprio rilassante né tantomeno veloce. Proseguiamo per due lunghissime ore, siamo stanchi ed il panorama non è così bello da estasiarci e farci passare il tempo. Quando ormai abbiamo perso le speranze, giriamo l’ennesima curva ed ecco la visione: le nostre due jeep bianche con Alex e Nurik che ci salutano felici.
Un’oretta di macchina ritorniamo a Karakol e abbiamo l’onore di assaggiare i famosi spiedoni Kyrgyzi, di pollo, capra e manzo, deliziosi e quando ci alziamo siamo tutti piedi – tolto le vegetariane che non apprezzano poi troppo tutta questi animaletti infilzati!
La giornata non è ancora finita: dopo aver montato le tende in un gran bel campo di yurte, Alex ci porta, finalmente, al Fairy Tale Canyon, proprio mentre il sole sta tramontando: il rosso infuocato del canyon è accentuato dai colori caldi del tramonto e siamo praticamente da soli vista l’ora tarda, uno spettacolo di torri e torrette, gole marziane e roccia. Aspettiamo gli ultimi raggi di sole e rientriamo al campo dove ci aspetta una cena regale in un angolo tutto per noi, la fine perfetta di questa ennesima avventura.
AP
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