Risveglio con l’odore di una colazione fantastica e le aspettative non sono deluse, dopo la cena ottima di ieri sera stamattina anche la colazione ha diverse portate. Anche il prezzo è favoloso: notte cena e colazione per due a soli 35 euro, insomma, la Maison d’hotes retour au calme è stata davvero un’ottima scelta.
Oggi ci aspettano molte ore di guida, partiamo subito diretti alle Gole del Dades. Svoltiamo presto sulla strada che scorre nelle gole, è ancora presto e il sole non riusciamo a vederlo fino a che non arriviamo all’incirca a metà strada dove decidiamo di tornare indietro quando finalmente i primi raggi di sole illuminano la valle. La valle è bella, ma davvero infinita e non abbiamo tempo sufficiente per percorrerla tutta avanti e indietro.
Ritorniamo lentamente sui nostri passi in direzione Ourzazate e ci dirigiamo verso la cittadella di Ait-Ben-Haddou, famosa per essere una cittadella fortificata costruita in fango essiccato e patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Spesso utilizzata come location per film famosi, è anche una calamita per turisti: per la prima volta durante questo viaggio siamo immersi nella calca dei turisti. Giriamo un po’ per la cittadella fino al tramonto e poi torniamo verso l’albergo che abbiamo scelto per la notte dove ceniamo e finalmente riusciamo a farci una bella doccia bollente dopo le tanti notte fredde.
Ci svegliamo presto ed oggi è un’altra giornata di lunga guida. Guidiamo verso il passo di Tizi’n’Test attraversando il deserto dopo Ourzazate per poi finalmente cominciare a salire e goderci le magnifiche vedute prima dai tornanti e poi, dopo anche qualche chilometro di sterrato mai troppo brutto, dal bel passo che apre la vista su entrambe le vallate.
Non ci fermiamo al bar in cima al passo, troppo turistico e dai prezzi decisamente alti, ma scopriamo ben presto che non è stata una saggia scelta: non ci sono praticamente più paesini lungo la strada che porta ad Ourigane, la nostra destinazione per la notte, e niente paesini vuol dire ancora meno possibilità di mangiare.
Siamo abituati troppo bene in Europa, dove non passano una manciata di chilometri prima di trovare il prossimo bar o ristoro, qui dovesse succedere qualcosa potremmo aspettare ore, forse anche giornate intere, prima che qualcuno ci trovi!
Infine, dopo ormai un paio d’ore, raggiungiamo un piccolo paesino polveroso con un mercato e ci accomodiamo nell’unico posto che ad ormai pomeriggio inoltrato ci da qualcosa da mangiare. Non è di certo il pranzo migliore e nemmeno il più economico, però basta a placare la fame e farci guidare gli ultimi chilometri con le pance piene.
Raggiungiamo finalmente Ourigane, una splendida cittadina immersa nel verde sulle rive del lago, troviamo la casetta dove abbiamo prenotato una stanza e prima facciamo una rilassante passeggiata esplorativa in riva al lago per poi continuare il relax sulla terrazza fino agli ultimi raggi di sole ed al richiamo alla preghiera. Mangiamo un’ottima cena direttamente nell’albergo, in compagnia di due americani decisamente stravaganti che, alla fine, ci offrono del buon vino e ce ne lasciano addirittura una bottiglia.
La serata è decisamente fredda ed il camino acceso è provvidenziale: rimaniamo solo noi e ci mettiamo a leggere un buon libro con sottofondo lo scoppiettare del fuoco, davvero una serata perfetta. Quando ormai non rimangono che le ultime braci ci infiliamo diretti sotto le coperte, la temperatura è crollata e fa davvero freddo, ma i tanti strati di coperte pesantissime che impediscono di muoversi, riscaldano a sufficienza.
E’ una bella giornata e oggi ci aspetta, finalmente, l’oceano, a Essaouira. Di buon mattino ci mettiamo in macchina ed ecco che prima di pranzo raggiungiamo i nostri due giorni di relax prima del termine di quest’avventura africana. Andiamo diretti all’albergo dove abbiamo prenotato una stanza, che si rivela però minuta, sebbene giusto fuori dalle mura della città vecchia, della Medina, ottimo posto per esplorare.
Portiamo tutto in camera e prendiamo giusto una felpa, qui la temperatura è aumentata decisamente e al sole fa finalmente caldo. Infilate le scarpe comode, ci inoltriamo nei vicoli e vicoletti di questa Medina, decisamente più a misura di uomo di Fez – per noi troppo caotica ed affollata, anche se ha il suo fascino – e dopo ore di vicoletti nascosti, ceramiche dipinte a mano, tappeti colorati, spezie e pesce, tanto pesce fresco, verso l’ora del tramonto rientriamo nella Medina.
Dopo tanto camminare è ora di cena, ci facciamo consigliare un posticino locale da uno dei tanti negozianti – che con abili parole riesce a scucirci una buona mancia in cambio di una cavigliera palesemente non in argento, che polli! – e dopo qualche peripezia riusciamo a trovarlo: per pochi dinari mangiamo un tajine ottimo ai margini del quartiere ebreo con tutti i suoi negozi di gioielleria. Rientriamo in camera e andiamo direttamente a dormire.
L’indomani la giornata è dedicata a fare i turisti: giriamo in città tutto il giorno, dapprima mentre tutti si svegliano cercando la miglior colazione locale, poi per comprare alcuni piccoli ricordi da portare a casa – spezie e qualche piccola ceramica – e poi, quando ormai siamo stufi e stanchi, facciamo una lunga passeggiata in spiaggia a piedi scalzi, dove troviamo un posto comodo e all’ombra per rilassarci, leggere e goderci una sana giornata di mare, con un buon intermezzo di fritto di pesce in un locale sul lungomare.
Rientriamo verso il molo giusto per il tramonto, dove sorseggiando una spremuta di melograno sulle mura esterne scattiamo qualche foto con il cielo infuocato solcato da stormi di gabbiani. Dopo i tanti spuntini della giornata non abbiamo fame, decidiamo di viziarci e per cena solo crepe dolci e dolcetti vari comprati alle bancarelle, per finire con una bella doccia calda e tante ore di sonno.
L’indomani mattina ci alziamo di buon’ora, dobbiamo riconsegnare la macchina a Marrakech entro mezzogiorno. La giornata non comincia benissimo, l’unico posto che troviamo fuori città per far colazione è dove già ci eravamo fermati, un bar popolato di soli bus di turisti dai prezzi decisamente non tipici. Le due ore circa di macchina che ci separano da Marrakech sono eterne: il paesaggio è desolato e noioso e il caldo continua ad aumentare, non il massimo per godersi qualche ora di guida. Arrivati all’aeroporto dobbiamo correre a far lavare la macchina all’autolavaggio esterno per non dover pagare un folle prezzo aggiuntivo all’autonoleggio – attenti alle clausole sul contratto, quelle scritte in piccolo! – per poi dover contrattare con il taxista che ci porta in città cercando di scucirci ben di più di quanto scritto sui cartelli fatti apposta.
Infine, riusciamo ad arrivare in città, in una piazza vicino al riad che abbiamo prenotato, ma ci perdiamo subito nei vicoli e vicoletti e, ad una sola svolta dal Riad, il solito ragazzino sveglio ci abbindola e ci accompagna per gli ultimi 10 metri esigendo una cospicua mancia. Ci rifugiamo nel Riad, grati della calma all’interno. Abbiamo prenotato apposta una bella camera, già sapendo che la città ci avrebbe stressato a sufficienza per non aver voglia di dover contrattare anche nel momento della calma, al riad Khol. Ci offrono il classico tè caldo e ce lo gustiamo in terrazza con tutta calma, prima di lasciare tutto in camera ed andare ad esplorare la città.
Come prima tappa, immancabile, andiamo verso la piazza Jamaa el Fna, la piazza centrale famosa per il suo mercato all’aperto ed i tanti artisti di strada dalle mille professioni diverse, poi andiamo a vedere la Koutubia, la moschea – dove però non possiamo entrare, l’ingresso è riservato ai musulmani – proseguiamo nella Medina, nei vicoletti ed infine entriamo in un museo che ci sembra molto interessante, il museo Dar Si Siad, museo di arte marocchina dove è esposta tutta la storia dei tappeti all’interno di una struttura particolarmente interessante dal punto di vista estetico.
Aspettiamo che cali la sera e, quando la temperatura si è abbassata e la città è invasa dall’ombra, ritorniamo in piazza Jemaa el Fna, dove andiamo a farci fregare in una delle tante bancarelle – i prezzi sono decisamente cari per due spiedini vari, che a dir la verità non sono nemmeno il massimo – per poi tornare dritti in camera. Insomma, un bel caos poco vero, meglio l’ospitalità genuina dei paesini interni.
Ci svegliamo in tarda mattinata e facciamo colazione per ultimi, rimpinzandoci per l’ultima volta di tutte le golosità marocchine servite a colazione, poi arriva l’ora fatidica: dobbiamo impacchettare tutti i bagagli e lasciare la camera. Lasciati i bagagli in deposito, facciamo un ultimo giro della Medina e ci dirigiamo ai giardini Majorelle ed al museo di Yves Saint Laurent: scopriamo che è impossibile entrare, sarà che è il 31 dicembre, ma ci sono almeno 3 ore di coda sotto il sole e chi esce dice che dentro c’è talmente tanta gente che non si riesce nemmeno a godersi i giardini ed il museo, abbandoniamo l’idea.
Ripieghiamo su un altro museo, quello di fotografia, la Maison de la Photographie: scopriamo un luogo interessantissimo, pieno di turisti alla ricerca del volto vero e della storia del Marocco. Ci perdiamo nelle infinite sale su quattro piani per quasi un paio d’ore, prima di cercare un posticino per il pranzo, carino, ma dove veniamo di nuovo fregati sul prezzo. Stufi e sul limite dello stress da affollamento, ritorniamo in terrazza in albergo e ci godiamo le ultime ore di Marocco rilassati sulla terrazza, gustandoci il classico tè caldo ed ammirando questa caotica città dall’alto.
Ci dirigiamo in aeroporto sotto un caldo sole marocchino, con ancora i colori caldi di questa terra negli occhi, l’ospitalità e lo stress, l’ottimo cibo e le tante fregature, le oasi ed il deserto, insomma, una terra imperdibile, da visitare almeno una volta nella vita, e magari due!
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