Data Trekking: 20-21/10/2018
Giorno 1 : Rifugio pian del Gorre – Passo del Duca – Capanna Morgantini – Bivacco Don Barbera
Giorno 2 : – Bivacco Don Barbera – Punta Marguareis – Rifugio Garelli- Rifugio pian del Gorre
difficoltà: EE
esposizione prevalente: Varie
quota partenza (m): 1.009
quota vetta/quota massima (m): 2.636 m
dislivello salita totale (m): 2.263
Km totali percorsi: 32,88
Si parte da Pian delle Gorre che era stato il punto d’incontro con l’altra metà del gruppo da cui ci eravamo separati durante la nostra avventura da queste parti qualche tempo fa, quando avevamo esplorato per la prima volta questa fantastica zona delle Alpi. Oggi iniziamo in nostro giro da Pian delle Gorre in direzione Passo del Duca.
Pranzetto comodo sulle panchine fuori dal rifugio Pian delle Gorre, nell’ampio spazio pic-nic di fronte e poi si parte, cominciando con un ampio sentiero immerso nel bosco. Ottimo per riscaldare le gambe, è perfetto anche per chiacchierare mentre pian piano percorriamo i primi chilometri di questa lunga giornata, gustandoci i colori del bosco che cominciano a virare verso il rosso ed il giallo, ancora solo a macchie, ed i profumi, muschio e umidità, funghi e il sole che scalda le foglie, la luce filtra dall’alto ed illumina il sentiero.
Ci addentriamo sempre più nel bosco fin quando il sentiero comincia a diventare più ripido e comincia a salire con ampi tornanti verso la nostra meta, il Passo del Duca, circa 1.000 metri più in alto di dove siamo partiti e 8 chilometri più lontani. Il bosco comincia a diradarsi e ben presto gli alberi diventano dei bassi cespugli, le rocce sono sempre più imponenti e in breve quasi tutto il paesaggio è dominato da questi monumenti di roccia bianche che si ergono come torri verso il cielo, costellati di cespugli e piccole zone di prato.
Con il sole già basso sull’orizzonte, raggiungiamo finalmente il Passo del Duca a 2.055 metri e ci fermiamo per una pausa ed uno spuntino – un po’ di frutta secca, qualche nocciolina e addirittura un caffè con la moka – un momento foto, poi si ricomincia subito a camminare, la strada per la nostra prossima meta è ancora lunga.
Siamo diretti al Rifugio Don Barbera che in linea d’aria non è troppo distante da dove siamo ora, ma dovendo camminare in questo terreno formato da torri di roccia, il sentiero più veloce non è necessariamente quello diretto, tutt’altro!
Per raggiungere il rifugio in linea retta saremmo costretti a superare la cresta, salire ancora con i nostri zaini pesanti pieni di cibo e materiale per due giorni, non l’idea più furba. Meglio una camminata più lunga – molto più lunga – ma con poco dislivello sia positivo che negativo.
Ricominciamo a camminare ed all’inizio scendiamo verso l’ampia conca di escavazione glaciale del Gias dell’Ortica – meta imperdibile per aspiranti geologi ed amanti della speleologia ed uno dei posti che caratterizzano il Parco Naturale del Marguareis – e dobbiamo fare un lungo giro attorno alla conca per evitare di perdere e dover riguadagnare troppo dislivello.
Giunti dall’altra parte della conca, è ora di ricominciare a fare fatica e salire verso la Capanna Morgantini, un casotto per i cacciatori raggiungibile anche i macchina, con le dovute autorizzazioni, che ovviamente noi non abbiamo e nemmeno vorremmo: il bello di queste avventure è poter contare solamente sulle proprie forze, nessun aiuto meccanico esterno!
Raggiunta la Capanna Morgantini, non siamo nemmeno a metà della strada per il Rifugio Don Barbera. Continuiamo a camminare tenendo un buon passo, mentre il sole si avvicina sempre più all’orizzonte e la temperatura, poco alla volta, cala.
Cammina e cammina, raggiungiamo il punto più alto dopo qualche sali scendi sulle colline rocciose e ci prendiamo una seconda meritata pausa nel momento in cui il sole ci regala i suoi ultimi raggi. Ne approfittiamo per vestirci visto il venticello fresco che si è appena alzato, qualche momento di pausa e siamo pronti per ripartire, la meta è ancora distante.
Dopo molti passi in leggera discesa seguendo il sentiero e qualche dubbio sulla direzione da prendere – gps e cartina sono amici inseparabili ed ugualmente utili! – vediamo la strada carrozzabile dalla quale ci eravamo allontanati per tagliare un po’ di strada e tornanti.
Ci ricongiungiamo finalmente alla strada sterrata che porta con ampi tornanti verso la nostra meta e ben presto incontriamo una macchina di cacciatori che sale al casotto ed è abbastanza stupita dal trovarci ancora sul sentiero a quest’ora, ormai quasi al buio ed ancora distanti dal Rifugio Don Barbera .
Siamo decisamente stanchi, le gambe ormai vanno da sole, la fatica superata, il sole è ormai solo un ricordo e stiamo praticamente camminando al buio, anche se la luce riflessa sulla strada bianca ci permette di non accendere le frontali fino a poco prima del Rifugio Don Barbera.
Infine, stanchi ed infreddoliti, raggiungiamo il rifugio Don Barbera ed è quasi una visione – che non vediamo se non alla luce delle frontali! Per prima cosa ci mettiamo a cercare la fontana, compito non semplice al buio pesto, ma è l’ultima fatica della giornata, poi arriva il tanto meritato relax e la cena, calda, a scaldarci dal freddo sceso insieme al buio.
Le chiacchiere si sprecano insieme alle risate, poi gli occhi cominciano a farsi piccoli ed è ora di infilarsi tutti nei sacchi a pelo per godersi il meritato riposo.
Il sole del mattino ci sveglia ed ecco che una nuova giornata di avventure comincia. Per cominciare facciamo una breve passeggiata verso la piccola croce che c’è poco più su del Rifugio mentre i primi raggi di sole del mattino illuminano le vette intorno a noi. Tornati giù dapprima sistemiamo tutto e puliamo il locale invernale – il gestore ha lasciato una simpatica pergamena attaccata al muro con la richiesta di prendersi cura del suo gioiellino, come nelle scorse stagione, e non saremo sicuramente noi a non farlo.
Dopo aver pulito e chiuso definitivamente la porta, decidiamo di fare colazione fuori, all’aperto sotto il cielo blu ed i caldi raggi di sole autunnali. E’ una lunga colazione, tante tazze di tè e diversi giri di caffè per tutti, il momento è incredibilmente rilassante e piacevole e prendere la decisione di alzarsi e ricominciare a faticare non è proprio facile. Finito il tè, il caffè, tanti biscotti, la marmellata e tutto il resto – non si capisce come mai ma a noi il cibo non manca proprio mai! – è ora di impacchettare tutto e rimettersi in cammino.
Oggi ci dirigiamo verso Punta Marguareis, ma muovere i primi passi con le pance piene non è semplice, arriva in fretta il fiatone ed altrettanto in fretta riusciamo però a farcelo passare e cominciare finalmente a goderci la salita ed il panorama. Il sentiero dapprima passa in mezzo ad i tanti massi di roccia e ben presto raggiungiamo il filo di cresta dei colli che si susseguono e ci godiamo una bellissima passeggiata non troppo faticosa verso la vetta.
Arrivati al colle ci manca l’ultima salita di questi due giorni mentre rimaniamo sulla cresta che ci porterà a Punta Marguareis. Vediamo già la nostra meta lassù, la croce di vetta, ma è ancora lontana.
Il gruppo si spezza, alcuni prendono quello che sembra un taglio verso la vetta, che però conduce in un ripidissimo canale detritico non proprio semplice. Ormai però ci siamo e non possiamo tirarci indietro. Passo dopo passo riguadagniamo il filo di cresta e di qui è tutto semplice.
Ed eccoci tutti quanti intorno alla croce di vetta, in cima a Punta Marguareis. Non siamo proprio da soli, ci saranno almeno un’altra decina di persone e ne approfittiamo per scambiare quattro chiacchiere con i compagni di avventura.
L’argomento è principalmente la via di discesa: non siamo sicuri che il Canale dei Genovesi si possa percorrere, sia perché non abbiamo attrezzature sia perché abbiamo un quattro zampe al seguito che di sicuro non potrà essere aiutato con delle corde fisse! Ci assicurano che sia fattibile, che l’hanno già fatto e non sarà un problema.
Così non lasciamo passare troppo tempo e, qualche nocciolina e gli ultimi due mandarini, rieccoci in cammino. Per poter chiudere l’anello ripercorriamo solo una piccola parte del sentiero che ci aveva portato in vetta ed alla deviazione ci incamminiamo dalla parte opposta da cui siamo arrivati.
Un lunghissimo taglio a mezza costa ci porta all’attacco del Canale dei Genovesi, dove cominciano i problemi. Andiamo in esplorazione una prima volta, con Giò che riesce a scendere grazie ad una corda fissa e ci saluta, dandoci appuntamento a più tardi al Rifugio Garelli. Per tutti gli altri, cane incluso, la discesa non è alla portata, e anche se riproviamo almeno un altro paio di volte a scendere da angolazioni diverse sperando di trovare la strada giusta.
L’unica via sicura non possiamo prenderla perché siamo certi che ci siano dei gradini e passaggi attrezzati che dove il nostro amico quadrupede potrebbe trovare difficoltà, così ripieghiamo sul lungo giro che passa da Porta Sestrera, che avevamo già avuto modo di vedere qualche mese fa.
Cerchiamo di tenere un buon passo e ben presto eccoci al passo di Porta Sestrera da dove riusciamo a vedere il Rifugio Garelli, la nostra prossima meta, tanto più in basso. Conoscendo già il terreno, riusciamo a fare dei grandi tagli qui e là e raggiungiamo il rifugio molto prima del previsto.
Troviamo Giò arrivato da poco, anche il suo giro non è stato veloce, ed è ora per tutti di concedersi una pausa pranzo, ed anche una breve pennichella da pancia piena, che sotto il sole del primo pomeriggio è un vero piacere.
La passeggiata di rientro, lunga, molto lunga, è però molto piacevole e l’arrivo è sempre una gran soddisfazione, soprattutto perché quando all’arrivo c’è un rifugio aperto, oltre a togliersi gli zaini pesanti dalle spalle, c’è di solito un bicchierone di birra o coca cola per dissetare le gole riarse dalla lunga avventura. Rimaniamo seduti finché i raggi di sole non ci abbandonano, tra diversi bicchieri dissetanti e le ultime chiacchiere, poi è ora di tornare a casa, un’altra avventura finita, ma altre ci aspettano.
Ciao!
Come vi siete organizzati per dormire con il cane?
Grazie!
Abbiamo chiamato il gestore del rifugio don barbera. Ci ha detto che non ci sono problemi solo se il cane dorme nella stanza che divide l’entrata dalla zona notte.