Surf??? Ma quale surf? Qui diluvia, poco ci manca che il surf lo facciamo direttamente in tenda!
Come se non bastasse l’acqua gelida -e di quella lo sapevamo, siamo sull’oceano- anche la temperatura non è clemente.
L’unica decisione possibile è affrettare la partenza, smontando la tenda sotto un bell’acquazzone e buttando tutto in macchina, umido e appallottolato, sperando di sfuggire al tempo inclemente di questo angolo di Spagna.
Decidiamo, sulle tracce dei nostri amici da poco lasciati, di dirigerci direttamente in Portogallo, direzione Porto, lasciandoci alle spalle tutta la costa Nord spagnola. Il nostro piano prevede di tagliare le grandi città per evitare il traffico, deviando poco prima di Bilbao per poi costeggiare Burgos, e poi diretti fino a Léon, da dove taglieremo verso l’interno, dritti in Portogallo.
Sono quasi altri mille chilometri, forse solo 900 se non deviamo troppo, ma non ci spaventano assolutamente.
“Non dovremmo negare che l’essere nomadi ci ha sempre riempiti di gioia. Nella nostra mente viene associato alla fuga da storia, oppressione, legge e noiose coercizioni, alla liberà assoluta, e la strada porta sempre a Ovest”
(Dal film Into The wild)
La strada scorre veloce, dritta quasi fino a perdita d’occhio, in mezzo a sterminati campi e terre coltivate. Siamo immersi in un cielo azzurrissimo, le nuvole ormai lontane alle nostre spalle, ed il giallo dei campi intorno a noi. Da queste parti il panorama è quasi monotono, bello, ma a dir la verità, così abituati ad essere in mezzo alle montagne, tutto questo piattume dà un senso di vuoto.
Un piccola sosta per fare benzina ci fa scoprire che sì, anche il piattume ha i suoi lati spettacolari.
A due passi dalla strada si apre un campo che spezza il giallo persistente con una bella dose di alberi verdi e alti, che mitigano quel senso di mancanza acuta da montagne. Una piccola passeggiata sotto i quasi 40 gradi di questo mattino inoltrato -gli asciugamani stesi sopra la macchina, ancora umidi dal mattino, si sono asciugati nel tempo di far benzina e sgranchirci un po’ le gambe!- e scopriamo che ogni posto può regalare belle emozioni, basta saperle cercare.
Si riparte subito, la strada è ancora molto lunga e la prossima sosta sarà per il pranzo, tra un’oretta o due.
Non conosciamo nulla da queste parti e stiamo seguendo una cartina troppo grande per essere ben dettagliata -quella dettagliata è riservata al Portogallo, la nostra vera destinazione- e le fermate son decise più dalla necessità di cibo e due passi che da una vera scelta del posto.
Vediamo scorrere, a lato dell’autostrada -senza pedaggio in questo tratto- i cartelli che indicano il Cammino di Santiago, rossi ed inequivocabili. Deve essere un percorso decisamente impegnativo, caldissimo in estate, senza ripari, e molto freddo in inverno, lunghissimo e senza distrazioni, sicuramente dà parecchio tempo per pensare.
Affamati, prima di Léon, decidiamo di uscire dall’autostrada e visitare uno dei tanti paesini di queste terre, uno di cui il nome ci ispira: Carriòn de los Condes.
E’ un paesino piccolo, sicuramente non turistico -ad eccezione di qualcuno nella piazza centrale, seduto ai tavoli dell’unico bar, siamo gli unici a girare per le stradine- ma molto carino e coloratissimo.
Pieno di stendardi colorati appesi ovunque, ci dà l’opportunità di sgranchirci le gambe attraverso le viuzze, alla ricerca di un posto per rilassarci, all’ombra possibilmente, e gustare gli ultimi residui di salame e formaggio ancora acquistati alla partenza qualche frutto e uno snack appena preso al bar.
Troviamo un bel parco, verde e fresco, con tanto di fiume che ci scorre attraverso e camminatori del Cammino di Santiago -riconoscibili dal tipico bagaglio ristretto, zaino e sacco a pelo, che si riposano al fresco in queste ore roventi, sotto gli alberi- e ci accomodiamo su una delle tante panchine per gustarci il nostro pranzo.
Meno di mezz’ora e si riparte, tappe serrate oggi a causa della partenza non organizzata e, reduci dall’esperienza di San Sebastiàn, vogliosi di avere un campeggio al nostro arrivo e non un prato.
Nuovamente in macchina, superiamo Léon senza attraversarla, come da programmi, e ci dirigiamo verso il Portogallo.
Più ci avviciniamo al confine e più ci avviciniamo alle colline prima ed alle montagne dopo. Finalmente davanti a noi non è più tutto piatto, nè quasi esclusivamente giallo, ma il verde comincia ad essere il colore predominante e presto decidiamo di lasciare l’autostrada per goderci la parte bella dei viaggi in macchina: le stradine più piccole, che attraversano tutti i paesini, scalano le montagne tra mille curve senza passare in bui tunnel e spesso, senza preavviso, dopo una curva, regalano scorci magnifici.
Già, come questo, poco prima di passare il confine, solo noi già da parecchi chilometri, non un segno di umanità nei paraggi se non le pale eoliche in lontananza.
E poi, al culmine di una lunga salita e con già qualche cartello di preavviso, arriviamo alla dogana.
Ecco, diciamo che dogana è un gran bel parolone, esagerando potremmo chiamarla vecchia casa disabitata. Anche qui non c’è traccia di persone, ogni tanto incrociamo una macchina che arriva in senso opposto, ma per il resto siamo totalmente soli.
Vista l’ora -è ormai pomeriggio inoltrato, le belle stradine portano via parecchio tempo- ed affascinati da questi luoghi quasi disabitati, scegliamo quello che, sulla cartina, è il paese più grande dei dintorni, Bragança, dove sono segnalati alcuni campeggi.
A dir la verità, avevamo scartato questo grande parco naturale nel nord del Portogallo, per una questione di tempi, ma ora passandoci in mezzo ed in anticipo rispetto al piano generale, siamo ben contenti di non averlo evitato del tutto.
Qualche chilometro prima di Bragança, troviamo un campeggio che ci ispira parecchio, sulla riva di un fiume, con pochissima gente e tanto, tanto spazio, immerso nel bosco e tranquillissimo. Con nostra grande sorpresa, scopriamo di essere gli unici italiani in mezzo ad un mare di francesi. Mai avremmo immaginato di trovare così tanti francesi e praticamente nessuno spagnolo o portoghese.
In uno stentato inglese -scopriamo qualche minuto dopo che qui, tutti o quasi, parlano portoghese e francese, e nient’altro- ci facciamo indicare da chi ci ha accolto, la strada per Bragança, ma non riusciamo ad avere notizie su eventuali ristoranti, andremo alla cieca.
E’ una città universitaria, scopriamo, praticamente deserta in questo periodo, e prima di raggiungere la piazza e la via principale, dove troviamo un po’ di persone e qualche locale aperto, passa parecchio tempo e le nostre speranze quasi quasi si dissolvono.
Più per forza che per scelta, finiamo in quello che è praticamente l’unico posto per mangiare, paninoteca esclusa, dove scopriamo che il piatto locale tipico è la carne di maiale, che gustiamo con molto piacere insieme al primo bicchiere di vino portoghese.
Stanchi dal viaggio, ci concediamo un’ultima passeggiata per il paesino, e qualche foto del magnifico castello che lo sovrasta, perfettamente illuminato, nella cornice magica di questa notte stellata.
“Quando viaggio sogno veramente molto. Forse questa è per me una delle ragioni principali per viaggiare. Ha qualcosa a che fare con strane stanze, rumori e odori inusuali, con le vibrazioni, col cibo, con le ansie legate al viaggio.”
Paul Theraux
Decisamente provati dal lungo viaggio ed appesantiti dalla cena non propriamente leggera, torniamo al campeggio, dove ci aspettano le cicale e tantissime stelle sopra di noi. Sarà una piacevole e lunga notte, ma domani la nostra meta è Porto!
Buonanotte
AP
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Eh già, proprio zone da Cammino di Santiago! Mentre ero in cammino ho passato una notte proprio a Carrion de los Condes! Tantissimi ricordi… Alla prossima lettura 🙂
Credo che ogni paesino meriterebbe una sosta, peccato solo non aver avuto più tempo!
Continueremo a raccontare, e ce ne saranno delle belle, alla prossima.