Abbiamo disfatto gli zaini giusto qualche giorno fa, ora si riempie di nuovo tutto e siamo pronti a ripartire, ovviamente con tutta calma dopo pranzo, non ce la faremo mai a partire per tempo!
Questa volta la nostra meta è il Jasper National Park, a nord del Banff, percorreremo la famosissima e spettacolare Icefields Parkway, 230 km di strada circondati da imponenti vette ricoperte di ghiacciai, lungo una valle ricoperta di boschi e foreste, punteggiate di laghi dai colori incredibili.
Decidiamo di non passare da Banff, ma di inoltrarci direttamente a nord, passando per la città di Saskatchewan River Crossing, guidando lungo strade meno battute, ma molto, molto spettacolari.
Ce la prendiamo con calma, gustandoci chilometro dopo chilometro, ogni curva ed ogni passaggio di questa lunga strada.
E’, stranamente, una giornata magnifica. Fa caldo, ma una leggera brezza fresca e l’altitudine mitigano la calura che abbiamo lasciato in pianura – che poi è un altipiano a 1.000 sul livello del mare, anche se non sembra.
Tutto questo blu e azzurro ci affascinano: il cielo ed il colore incredibile del Cline River, un fiume che diventa quasi un lago tanto è largo in questo punto, ci trattengono qui a lungo. Poi, però, si riparte, ci aspetta anche di meglio più avanti.
Ripartiamo, siamo a poco più di metà strada e stiamo finalmente entrando nella zona dei parchi, lasciandoci alle spalle le infinite pianure e le sterminate distese di campi coltivati. Abbiamo passato la cittadina di Rocky Mountain House circa un’oretta fa, città che segna l’entrata in territorio di montagna – si può facilmente intuire dal nome – ma per ora gli alti picchi li abbiamo visti solo in lontananza.
Ora la strada punta dritta verso le montagne, ma sappiamo che laggiù, dove non riusciamo a vedere, ci sono curve e tornanti ad aspettarci.
Poi, finalmente, la strada comincia a salire ed in poco tempo ci troviamo sulla cima del passo, ancora nel Banff National Park, che ci dà il vero e proprio benvenuto in queste terre selvagge.
La vista è semplicemente mozzafiato, con la cima del Parker Ridge che svetta sulla nostra sinistra e la strada, piccolina, che scorre nella valle, dritta verso i ghiacciai e Jasper.
Ci rimettiamo in macchina e dura davvero poco. Infatti, poco più di un quarto d’ora dopo siamo costretti a fermarci: siamo arrivati al Columbia Icefield Center, il centro di studio dell’immenso ghiacciaio Columbia, nonchè partenza dei famosissimi tour sul ghiacciaio con questi mezzi particolari ed imponenti, gli snow coaches.
Lassù in alto, vediamo solo un piccolissimo pezzetto di questo ghiacciaio che, fino a qualche centinaio di anni fa, arrivava fino a dove oggi c’è la strada.
Decidiamo di fare una passeggiata fino alla fine della lingua dell’Athabasca Glacier, una delle molte lingue di ghiaccio che scendono dall’imponente ghiacciaio Columbia, nascosto nella conca sulla cima di questa montagna, e molte altre a fianco.
Lungo la salita, partendo dal parcheggio, diverse colonnine segnano dove il ghiacciaio arrivava nell’ultimo centinaio d’anni. All’inizio del 1900 arrivava praticamente dove ora passa la strada, poi, molto velocemente purtroppo, si è ritirato e tutt’oggi continua a ritirarsi.
Percorriamo tutta la strada, circa un chilometro – incredibile pensare che in cento anni si sia ritirato di ben un chilometro, se non di più – fino al limite di sicurezza.
Arriviamo alla fine del ghiacciaio – che poi per noi è l’inizio! – e lo spettacolo è davvero inconsueto.
Questo enorme ammasso di ghiaccio è a pochi metri da noi – per questioni di sicurezza non possiamo avvicinarci più di così – e tra noi ed il ghiaccio un fiume di acqua fangosa ed argillosa scorre veloce; incredibile quanta acqua si sciolga ogni secondo, mentre il ghiacciaio è sempre lì, immobile, o almeno così sembra. I cartelli di spiegazione ci fanno infatti presente, che si muove di svariati centimetri ogni giorno.
A questo punto, non ci resta che trovare un buon posto per andare a piantare la tenda, mangiare e dormire. Tra noi e la città di Jasper ci sono ancora più di 100 km, che non abbiamo voglia di guidare ora. Ci sono tre campeggi prima di Jasper, il primo è a metà strada e optiamo per quello, sotto il Monte Kerkeslin.
Ci fermiamo, quindi, al Kerkeslin Campground, ormai sappiamo bene come funziona e sbrighiamo le pratiche burocratiche in pochi secondi. Ci riforniamo di legna e piantiamo la tenda, nel mentre accendiamo il fuoco e cominciamo a preparare la cena. A questo punto, le zanzare ci hanno già quasi divorato e a nulla serve il fumo del falò, e non abbiamo spray anti-zanzare – sarà il primo acquisto di domani. Ci vestiamo più che possiamo e mangiamo cercando di non farci divorare troppo, schiaffeggiandoci a vicenda più volte.
Decidiamo di fare due passi lungo l’Athabasca River, il fiume che scorre a pochi passi da qui, generato dall’acqua del ghiacciaio che abbiamo visto poco fa, e ancora non sappiamo che saranno momenti di panico.
Lavati i piatti, Attilio decide di fare qualche foto spettacolare con questa luce – sono ormai le undici di sera! – ma si spinge troppo in là e il cavalletto non regge la corrente del fiume, molto più forte del previsto. Il risultato è un bello SPLASH della macchina fotografica nell’acqua gelida e argillosa. Seguono momenti di puro panico e una buonanotte piuttosto triste, già pensando a dove andare a comprare una macchina il giorno successivo, visto che non dà più segni di vita.
Andiamo quindi a dormire sì felici per il posto fantastico in cui siamo, ma anche rattristati e preoccupati, sia per il portafoglio che presto si svuoterà, sia per il fatto che probabilmente ci restano solo i telefonini per fotografare le meraviglie che sicuramente vedremo domani.
Buonanotte!
AP
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